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  • Piccole (grandi) soddisfazioni

    Piccole (grandi) soddisfazioni

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    Non raccontiamoci frottole: i riconoscimenti al nostro lavoro o alle nostre passioni sono sempre graditissimi e ci ripagano di impegno e sacrifici. Nel mio caso, ovviamente, non si tratta di lavoro bensì del mio hobby preferito: la fotografia.

    E proprio in questi giorni sono arrivate un paio di sorpresine sinceramente non preventivate: un mio scatto effettuato durante uno dei workshops organizzati nello splendido scenario dell’Appennino parmense dal fotografo Misha Cattabiani è stato il più votato da tutti i partecipanti ai suddetti workshops tenutisi nel corso del 2013, malgrado fossero molte le foto meritevoli di questo riconoscimento scattate dai miei compagni di scarpinate fotografiche. E già questo bastava ed avanzava. Invece in serata, tornando a casa, ho trovato nella cassetta della posta una pubblicazione di Nikon Italia, il libro fotografico Nikon Forum Photo Contest 2013; subito ho pensato ad un regalo della casa giallonera per tutti i clienti; invece, sfogliandolo, ho avuto la gioia immensa di trovare pubblicato un mio scatto effettuato a Mantova, sul lungolago, lo scorso gennaio. Ecco, considerando la qualità degli altri scatti pubblicati in questo libro, faccio un po’ di fatica a capire che caspita ci fa la mia foto lì. Ma ne prendo atto e sono veramente felice.

    E ringrazio tutte le persone che hanno avuto la bontà di regalarmi queste soddisfazioni.

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  • Mondo Piccolo

    Mondo Piccolo

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    … Uno adesso dice: fratello, perché mi racconti queste storie?

    Perché si, rispondo io. Perché bisogna rendersi conto che, in quella fettaccia di terra tra il fiume e il monte, possono succedere cose che da altre parti non succedono. Cose che non stonano mai col paesaggio. E là tira un’aria speciale che va bene per i vivi e per i morti, e là hanno un’anima anche i cani.

    Allora si capisce meglio Don Camillo, Peppone e tutta l’altra mercanzia. E non ci si stupisce che il Cristo parli e che uno possa spaccare la zucca ad un altro, ma onestamente, però: cioè senza odio. E che due nemici si trovino, alla fine, d’accordo nelle cose essenziali.

    Perché è l’ampio, eterno respiro del fiume che pulisce l’aria. Del fiume placido e maestoso, sull’argine del quale, verso sera, passa rapida la Morte in bicicletta. …

    G. Guareschi – “Mondo Piccolo”

  • Estate di S.Martino

    Estate di S.Martino

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    San Martino viene viene festeggiato l’11 di novembre. In questo periodo, nel passato, venivano rinnovati i contratti agricoli, si aprivano le botti per il primo assaggio del vino nuovo e, magari, ci si accertava di assaggiarlo a dovere sto’ vino nuovo accompagnandolo con un bel cartoccio di castagne. Giosuè Carducci ha celebrato questa tradizione nella sua poesia intitolata, appunto, San Martino.

    Ma questo particolare periodo dell’Autunno è detto anche Estate di San Martino perché, dopo le prime gelate, ci sono giorni di bel tempo e clima tiepido.

    Ed ecco il nocciolo del problema, se di problema si tratta: chi le ha viste le gelate? Quando mai, fino ad ora, la temperatura ha sfiorato lo zero? Io di Autunno, quello vecchio stampo intendo, ne ho visto pochino.

    Ed anche la natura è in stato confusionale.

    Qualche giorno fa ero in giro per foto e, guardandomi attorno, non riuscivo a capire in che stagione siamo; ci sono foglie secche sugli alberi e in terra, ma sulle piante ci sono anche foglioline appena spuntate; l’erba mostra alcune chiazze di secco qua e là, ma la maggior parte è di un bel verde brillante, quasi primaverile. Secondo me anche gli animali non sanno bene che fare, a parte le zanzare che, accidenti a loro, lo sanno benissimo.

    Non sono ancora nella fase in cui “…ma quand’è che nevica“, però qualche brinatina ed un po’ di nebbia di quelle talmente dense da appoggiarci la bicicletta, non mi farebbero schifo. Anche dal punto di vista squisitamente fotografico.

  • Dolcetto o scherzetto? Dolcetto!

    Dolcetto o scherzetto? Dolcetto!

    halloweenA chi “Non è una festa della nostra tradizione, non mi interessa”.

    A chi “Mamma, quest’anno voglio terrorizzare i miei amici: mi compri il costume da funzionario di Equitalia?” .

    A chi “Ma da cosa sei mascherata?” “Da Jessica Rabbit…” “Ma non fa paura…” “Eh, ma con il costume da strega non si vede il décolleté!” .

    A chi “Se suonano alla porta i bambini mentre sto guardando il film, butto un secchio d’acqua!”

    A chi …

    Vabbè, buon Halloween a tutti!

  • Acqua e colori d’Autunno

    Acqua e colori d’Autunno

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    Penultimo workshop fotografico in Appennino dell’anno e botta di … fortuna non indifferente: niente pioggia a stravolgere i programmi, piante del bosco solo appena un po’ spoglie ma ancora in grado di regalare colori magnifici, cascate piccole e grandi dei torrenti gonfie d’acqua.

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    Non dico che meglio di così non poteva andare, perché fondamentalmente noi Homo Reflenx siamo sempre scontenti e avremmo voluto “quella nuvoletta in più ma non troppo grigia”, però è stata veramente una bella esperienza, complice anche il fatto che il gruppo, come al solito, era piacevole ed affiatato.

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  • Ritorno a scuola

    Ritorno a scuola

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    Quando ci andavo io (non ci giurerei, ma devo avere conosciuto anche la Montessori) il primo giorno di scuola – non importa se era la prima elementare o la quinta – era sempre emozionante.

    Dopo un’estate di pantaloni corti, di giochi interminabili fino a che l’ululato materno ti richiamava a casa, di ginocchia sbucciate, ci ripresentavamo nel cortile scolastico tappezzato dai ricci caduti dagli ippocastani, tutti tirati a lucido e con la voglia di ritrovare quei volti perduti durante le vacanze.

    Noi maschietti avevamo il grembiulino nero e le femmine bianco, era uguale per tutti e celava l’abbigliamento di chi si era vestito a nuovo per l’occasione come di chi aveva dovuto riciclare gli abiti del fratello maggiore. La cartella, anche se avrebbe dovuto contenere solo il sussidiario ed un paio di quaderni, ci faceva sembrare in realtà tanti piccoli sherpa, perché ci mettevamo di tutto: quaderni di scorta in caso il maestro decidesse di dettarci tutto il libro Cuore; una bella confezione di pastelli di legno decisamente più ecologici dei futuri pennarelli di plastica; colla naturalmente in pasta e rigorosamente in barattolo da un paio d’etti, utilissima per le ricerche a scuola ma infinitamente di più per l’album dei calciatori Panini; rigasquadragoniometro (proprio così come l’ho scritto) anche se non ho mai capito la loro reale utilità; cancelleria assortita. (Ora che ci penso: ecco da dove ho preso l’abitudine di stipare lo zaino fotografico con di tutto e di più…)

    Quando qualcuno compiva gli anni, la mamma gli faceva portare a scuola le caramelle da regalare ai compagni, magari una in più a lei, quella bambina bionda con i capelli lisci che ci faceva arrossire fino alla punta dei piedi. Per Santa Lucia, ricorrenza da noi molto più sentita di Natale o Epifania, tutti portavano a scuola uno dei regali trovati in casa quella stessa mattina e con i quali non eravamo riusciti a giocare subito perché la campanella avrebbe squillato da lì a breve e il maestro allora, quel giorno, chiudeva un occhio e ci lasciava campo libero.

    Se, molto raramente, l’insegnante (uno, rigorosamente uno, magari per tutti i cinque anni di scuola) ci sgridava o ci dava qualche punizione, ci guardavamo bene dal fare tragedia greca a casa, perché, in tal caso, un paio di sculaccioni preventivi sul sedere erano garantiti, in attesa dell’istruttoria: se il maestro ci aveva puniti, aveva avuto senz’altro qualche ottima ragione e i genitori si sarebbero guardati bene dal fare rimostranze o convocare avvocati, Telefono Azzurro e Protezione Civile.

    scuolaE, dato che siamo in un blog fotografico, che noia l’annuale foto di rito seduto al banco, a fianco il pupazzo di Topo Gigio che reggeva un cartello con scritto “Topo Gigio mi dice ‘Studia!’ “, con la penna in mano come per scrivere chissà che e la faccia di un condannato ai lavori forzati.  Dovrei averne ancora una in qualche cassetto: se la pesco giuro che faccio outing e la pubblico. Edit: Trovata! Ecco da dove ha imparato l’F.B.I.  a fare le foto segnaletiche… (Foto Rizzi – Viadana)

    Pur con tutti i piccoli problemi infantili, che allora ci sembravano enormi, eravamo catturati dalla magia della scuola: ci piaceva il flusso quotidiano dell’insegnamento strettamente correlato al trascorrere delle stagioni, alle ricorrenze del calendario ed a quelle religiose (il crocifisso in classe ancora non era capace di offendere alcuno); non avevamo cellulari precocemente affibbiati da genitori ansiosi; alla tv non era demandato il ruolo di baby-sitter o, peggio ancora, di genitore: un paio d’ore al massimo per i cartoni animati o le comiche di Stanlio e Ollio; riuscivamo a divertirci per ore e ore con una palla bucata, con una cartolina nei raggi della bicicletta, con una manciata di mattoncini Lego scoloriti e mordicchiati.

    Ma solo dopo aver fatto tutti i compiti.

  • Corte

    Corte

    corte

    Ci sono sempre state le corti abbandonate, nelle nostre campagne.

    Forse il fenomeno era molto più evidente negli anni ’60, con il boom economico che spingeva le persone a lasciare il duro lavoro dei campi per cercare gratificazione nelle catene di montaggio delle fabbriche (no comment).

    Anche ora, malgrado la ritrovata identità di molti giovani agricoltori, sono sempre tante le case di campagna, padronali o meno, che vengono lasciate al loro destino, all’incuria del tempo.

    Ed è un vero peccato.

    Perché, comunque la si pensi, sono l’icona delle nostre radici.

  • Slow photo

    Slow photo

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    Mi è venuta voglia di rallentare un pochino.

    Con “rallentare” , però, non intendo diminuire le uscite fotografiche, smetterla con la frequentazione di workshops, piantarla di leggere tutto il possibile riguardante l’argomento fotografia su carta o sul web.

    Anzi. Ho il desiderio di aggiungere un’altra esperienza a quelle che sto già facendo da quando ho iniziato a fotografare, ormai quasi due anni fa: intendo dedicare un poco del mio tempo libero alla fotografia analogica.

    Ho avuto una brevissima esperienza con i rullini secoli fa, un brevissimo periodo della mia vita dedicato a scatti “non consapevoli” con una macchina analogica e le diapositive. Ma, forse, non avevo sufficienti stimoli ed in breve mi sono stancato. Ora che ho ripreso a fotografare ed il mondo, nel frattempo, è diventato digitale, mi ha preso la voglia di ritornare sui miei passi e capire il significato di quello che facevo allora. Anche adesso, quando fotografo, cerco di prendere in considerazione tutte le variabili possibili che mi consentano di ottenere uno scatto buono; ma la non ineluttabilità del digitale, la possibilità di rimediare agli errori non macroscopici alcune volte possono allentare la tensione creativa. Invece la pellicola è “unica”: quello che fai in fase di scatto è quello che ti ritroverai, soprattutto nel mio caso che non ho la camera oscura per lo sviluppo e dovrò rivolgermi ad un laboratorio fotografico e quindi non potrò effettuare correzioni in fase di stampa. A queste considerazioni, poi, non mi vergogno di aggiungere quelle economiche: quando fotografavo analogico, dovevo arrangiarmi con la paghetta dei genitori e quindi ogni scatto errato erano soldi buttati; motivo più che sufficiente per ponderare ogni clic.

    Non mi ci è voluto molto: un’occhiatina su eBay, trovare un corpo macchina analogico di buone caratteristiche, la Nikon F100, e portarlo a casa per un prezzo irrisorio rispetto al prezzo di listino del 1999 (è triste vedere quante persone, nella fregola di passare al digitale, hanno svenduto macchine meravigliose), è stato un attimo.

    I rullini me li sono già procurati (Fuji Velvia da 50 e 100 ISO e un Kodak Ektar 100 per il colore; Kodak Tmax 100 per il bianco e nero).

    Ora non mi rimane altro che uscire a fotografare.

    Però lentamente. Slow photo.

     

  • Pragser Wildsee

    Pragser Wildsee

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    Ich weiß, es ist ein Klischee, etwas Abgegriffenes, aber die Prager Wildsee eine Perle in den Dolomiten zu definieren, ist keine Übertreibung.

    Oppss, scusate, mi ero fatto condizionare dall’ambiente… Dicevo:

    Lo so che è un luogo comune, un modo di dire assolutamente inflazionato, però definire il Lago di Braies una perla incastonata nelle Dolomiti non è una esagerazione.

    braies_02Già la Val Pusteria e le sue valli laterali sono uno spettacolo della natura, ma quando si arriva alla fine della strada che porta sulle rive di questo lago di origine franosa ai piedi della Croda del Becco, non si può fare altro che rimanere a bocca aperta.

    Come sempre accade quando si tenta di riprodurre fotograficamente un paesaggio vasto e maestoso come questo, i risultati ci lasciano sempre un poco delusi, perchè malgrado i progressi degli strumenti fotografici, le potenzialità dei moderni sensori, la qualità delle lenti degli obiettivi, le capacità dell’occhio umano sono tutt’ora inimitabili.

    Non credo di aver reso giustizia con i miei scatti a quello che ho visto.

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  • Il silenzio dei boschi

    Il silenzio dei boschi

    il-silenzio-dei-boschiNon sembra reale questa nebbia al 14 di agosto.

    Sfuma i contorni di una estate – per i miei gusti – troppo lunga e calda; smorza i toni chiassosi delle centinaia di turisti che hanno invaso queste alture per la festa di mezza estate, per un meritato riposo ma spesso senza il dovuto rispetto per la natura e per la tranquillità di quelli come loro; dona, se possibile, un aspetto ancor più magico a questi boschi già solitamente splendidi.

    E mi ricorda che il tanto amato autunno non è poi così lontano.

  • Quello che passa il convento

    Quello che passa il convento

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    Il sogno di ogni fotografo paesaggista dilettante, per il quale la fotografia è un hobby e non un lavoro, sarebbe (credo) quello di vivere in un luogo bellissimo con infinite bellezze naturali a portata di mano.

    Il motivo è presto detto: non sempre le condizioni favorevoli per fotografare si presentano nel week-end, quando non si è impegnati con il lavoro; un tramonto con la “T” maiuscola è merce rara e può anche capitare dopo un intenso lunedì lavorativo; ed allora si corre a casa, si caricano zaino e treppiede e si parte a razzo per raggiungere un posto che valga la pena fotografare.

    E qui iniziano i dolori.

    Se io fossi un “mountaineer” dello Yosemite National Park degli U.S.A. non avrei problemi di sorta: una mezz’oretta sulla Jeep Grand Cherokee e potrei raggiungere uno dei tanti “hot spot” sparsi qua e là per quelle splendide lande e, compatibilmente con le mie scarse capacità, portare a casa scatti di favolosi soggetti degni di stampa.

    Invece io sono un “paisaneer” della Bassa Mantovana e mi devo accontentare di quello che passa il convento: salto sull’Opel Agila sottratta alla dolce metà (la mia l’ho appena portata all’autolavaggio e le strade bianche me la concerebbero di brutto), mi fiondo alla Maifinita (lo so, “Never Ending” farebbe molto più figo, ma il nome di questo angolo di golena del Po è quello) e arrivo giusto in tempo per scattare qualche foto al paesaggio agreste riscaldato dall’ultimo sole di questa estate Padana.

    Per ora va bene così.

    Se poi qualche futuro movimento tellurico mi farà spuntare una montagnola tipo El Capitan dello Yosemite Park fra Buzzoletto e Pomponesco, tanto di guadagnato.

  • Sella del Braiola

    Sella del Braiola

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    Lo ammetto: sto sfruttando in modo spudorato le conoscenze – oltre che fotografiche – escursionistiche dell’amico Misha. Ieri sera, insieme a lui ed alla pazientissima Serena, sono salito alla Sella del Monte Braiola e poi sul Monte Marmagna, alla ricerca di qualche scatto decente del tramonto.
    Non siamo stati fortunatissimi: l’opprimente calura estiva, densa di umidità, che attanaglia la Pianura, è salità fin lassù, sbiancando il cielo, velando l’orizzonte e nascondendo prematuramente il sole dietro ad un velo lattiginoso.
    Abbiamo fatto di necessità virtù e qualcosina si è portato a casa.

    E’ andata molto meglio al ritorno al rifugio Mariotti, sul Lago Santo, presso il quale abbiamo pernottato una volta ridiscesi.
    A parte l’ordine e la pulizia che regnano in questo accogliente rifugio, malgrado venga frequentato da miriadi di escursionisti, rimarchevole è stata la gentilezza dei gestori, che ci hanno atteso ben oltre l’orario normale di cena e, alle 22.30 passate, ci hanno offerto un squisito spuntino a base di polenta pasticciata, cinghiale, funghi e torte assortite per finire in dolcezza.

    E’ uno spuntino che ricorderò a lungo.
    Già ho iniziato questa notte a cristallizzare i ricordi…