Categoria: Paesaggio

  • Orizzonti puliti

    Orizzonti puliti

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    E’ il mio cruccio più grande quando giro con la fotocamera per le nostre campagne: non c’è un metro di orizzonte che non sia occupato da pali e tralicci del telefono o dell’elettricità.
    Ovunque giro lo sguardo, il cielo ed il profilo della campagna sono “sporcati” da questi supporti che, in alcuni punti, formano addirittura intrecci inestricabili.

    Ma era così difficile, una volta tanto, battere sul tempo i francesi? I cugini transalpini hanno messo le rotonde agli incroci stradali quando ancora noi avevamo la cabinetta con il vigile urbano in mezzo; e, sempre loro, hanno pensato bene di interrare tutte le linee, elettriche e telefoniche, che noi invece abbiamo mantenuto ben visibili e ad altezze che, in alcuni casi, sono state anche causa di incidenti.
    Meno male che il metano ha bisogno di tubi e non di fili per essere trasportato…

    E qui mi fermo, perchè, se continuassi, potrei tirare in ballo il fatto che in Pianura Padana ettari su ettari di terra buona per l’agricoltura vengono occupati per piazzare i pannelli fotovoltaici, invece di andarli a mettere in altri luoghi della Penisola assolutamente non coltivabili a causa della conformazione del suolo e della carenza d’acqua.

    Andrà a finire che vendo tutte le ottiche grandangolari che, da qualunque parte io possa girarmi, registrano anche “sporcizia” visuale e tengo solo il medio tele e l’obiettivo macro; almeno, fotogrando i fiori, gli unici fili che vedrò saranno quelli delle tele dei ragnetti.
    Che non disturbano e non inquinano.

    p.s. Lo so, potevo togliere i tralicci con Photoshop ma: a) è un lavoro ingrato b) se fossi un nano di Biancaneve, sarei sicuramente Brontolo.

  • Un pomeriggio strano

    Un pomeriggio strano

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    Se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto questa escursione a giugno, al Lago Santo, in un clima simil-tropicale, con un caldo afoso assolutamente alieno in queste zone e, ancor peggio, tormentato da nugoli di zanzare, gli avrei sorriso in faccia.

    Ed invece mi è accaduto veramente.

    Spero di cuore che si sia trattato di una casuale combinazione di fattori e che i catastrofisti del riscaldamento globale stiano esagerando, ma tant’è.

    Poi, una volta arrivato sulle rive di questo splendido lago, un temporale improvviso ha lavato l’aria e scacciato temporaneamente i piccoli vampiri, facendomi esclamare che – come sempre- ne è valsa la pena.

  • Il Monte Tavola e il Monte Fosco

    Il Monte Tavola e il Monte Fosco

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    La salita verso i prati del Monte Tavola, tutto sommato, è una delle più semplici che mi sia capitato di affrontare da quando ho iniziato a girovagare per i sentieri del Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano.

    Però il largo sentiero che porta lassù attraversa tutti gli ambienti del Parco: la foresta e le radure, il bosco di faggi ed i pascoli ed è veramente piacevole da percorrere.

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    In questo periodo dell’anno, poi, i verdissimi prati sono punteggiati di una miriade di fiori bellissimi: ci sono ranuncoli, margherite, myosotis (non ti scordar di me), genziane, violette e, non l’avrei mai detto, orchidee.

    E’ un piacere per gli occhi e per… i fotografi.

    Da lì al Monte Fosco il tragitto non è lunghissimo, ma è abbastanza ripido.

    Non è stata una salita agevole ma, come sempre mi è accaduto fino ad ora, ne è valsa la pena, perché la vista è da capogiro.

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  • Dalla stalla alle stelle

    Dalla stalla alle stelle

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    Era da un po’ di tempo che mi frullava in testa di fare una uscita in notturna per fotografare le stelle e l’occasione si è presentata quando, con gli amici Misha e Roberto, ho deciso di effettuare una escursione alla Piana di Badignana, nel Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano, con tanto di pernottamento in rifugio attrezzato.

    Siamo partiti io e Roberto in auto ed abbiamo raggiunto il Rifugio Lagdei, dal quale, dopo una cena non frugale, ci siamo diretti al rifugio Lagoni, dove abbiamo lasciato l’auto ed abbiamo iniziato la salita verso la Piana di Badignana, mentre cominciava ad imbrunire; arrivati a destinazione, abbiamo trovato la sgraditissima sorpresa di un rifugio in condizioni igieniche pessime.

    E qui mi permetto di aprire una parentesi non fotografica.

    Trovo assolutamente improprio il modo in cui è stata operata la gestione del rifugio Capanne di Badignana; al nostro arrivo abbiamo trovato una stanza assolutamente sporca e non intendo solo polverosa, senza un pezzettino di legna per poter accendere il fuoco, con cibo abbandonato a marcire in bella vista sulla credenza , senza acqua corrente (la chiusura dell’acqua è giustamente  prevista nel periodo invernale per evitare il gelo delle tubazioni, ma ormai da qualche settimana la temperatura notturna non scende sotto lo 0°) e con i materassi delle brande in condizioni igieniche pessime, da aver timore ad appoggiarci il sacco a pelo.

    Ora: capisco perfettamente che la conservazione dello stato di un rifugio dipende principalmente dal senso di responsabilità e dal grado di civiltà di chi ne usufruisce, ma chi mi affitta a pagamento una stanza, di qualsiasi categoria, deve essere in ogni caso garante delle sue condizioni, sia per quanto concerne la pulizia che la sicurezza (in montagna, con la neve alla porta, la scorta di legna asciutta per la stufa non è un lusso romantico, ma una assoluta necessità).

    Chiusa parentesi, per ora.

    Esaurita la scorta di sacramenti, abbiamo iniziato a fare qualche scatto in attesa dell’arrivo di Misha ed è stato a questo punto che si è scatenato, per fortuna, un bel temporale con tanto di lampi dietro alle nuvole; non sono impazzito: dico per fortuna perché i lampi di luce dei fulmini filtrati dalle nuvole hanno contribuito a rendere ancora più magico lo spettacolo del cielo punteggiato di stelle. Arrivato Misha e passato il temporale, abbiamo fatto ancora un po’ di foto (un bel po’) e poi, vista l’impossibilità di pernottare a Badignana, torcia alla mano (anzi, alla fronte) siamo scesi nel bosco per ritornare al rifugio Lagoni, con l’intenzione di fare qualche ora di sonno in auto. Prima di questo, però, abbiamo avuto anche l’impagabile piacere  di ammirare la Via Lattea in grande spolvero ed i riflessi delle stelle nel lago Gemini Inferiore ormai completamente privo di ghiaccio.

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    Alle 06.00, dopo qualche ora trascorsa senza riuscire a chiudere occhio e sotto i morsi di un freddo impietoso, colazione dietetica con barrette ed acqua naturale e poi siamo risaliti alla Piana, un po’ per riscaldarci con la camminata e un po’ per ritrarre la fioritura dei crochi, con pausa d’obbligo lungo il tragitto per fare conoscenza con una nuova cascatella del torrente Badignana e, ma qui cado nell’ovvio, fotografarla.

    Alla fine, un po’ provati ma assolutamente felici per quanto fotografato e, soprattutto, visto, abbiamo caricato armi e bagagli e siamo rientrati.

    E’ stata una esperienza assolutamente positiva, malgrado i contrattempi logistici, che conto di replicare non appena possibile, essenzialmente per il gusto assolutamente speciale di una escursione in notturna e poi perché ho imparato a conoscere un po’ meglio il comportamento della mia attrezzatura durante questi scatti per me inediti e molto particolari per impostazione ed esecuzione, il che mi consentirà, spero, di fare foto migliori la prossima volta.

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  • Vedere e guardare.

    Vedere e guardare.

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    A lungo abbiamo temuto che non si potesse svolgere, a causa del maltempo e delle frane che stanno tutt’ora martoriando i pendii dell’Appennino parmense, il workshop “L’acqua e il bianco e nero”, organizzato da Misha Cattabiani con la collaborazione di Erik Concari; ma, alla fine, domenica 14 aprile ce l’abbiamo fatta. Ed è valsa la pena aspettare.

    La parte teorica, oltre alle impostazioni fondamentali della fotocamera, ha riguardato lo studio della composizione in funzione dell’ottenimento di immagini in bianco e nero e la relativa post-produzione specifica. A tale proposito debbo ammettere che lo studio dello sviluppo dei negativi digitali effettuato al Rifugio Lagoni si è rivelato particolarmente interessante anche grazie al contorno di piatti quali la zuppa di legumi, i taglieri di salumi e formaggi e salsicce e polenta per i più “studiosi”.

    La parte pratica ci ha portato ad effettuare scatti in alcuni dei luoghi incantati di questo angolo di Appennino, con soggetto le cascate dei numerosi affluenti del torrente Parma.

    Desidero ringraziare Misha, Erik e tutti i partecipanti allo stage per la splendida giornata trascorsa insieme e per aver contribuito ad incrementare le mie scarse conoscenze dell’arte fotografica.

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  • A volte ritornano

    A volte ritornano

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    A volte ritornano. Anzi: forse è il caso di dire che ci ritornano ogni volta che possono e che il meteo lo consente. Non contenti dei 10 km di ciaspolata nella neve fatti solo due settimane fa, pensano bene di farne altri 15, integrando la camminata fino ai Lagoni della volta precedente con una puntatina a Lagdei e una deviazione fino al ponte sul Badignana, nella neve fresca (ora credo di aver compreso da dove proviene il modo di dire “una gamba di neve”…) e con la pista tutta da tracciare.

    E cosa importa se, al ritorno, ginocchia e schiena sporgono denuncia per maltrattamenti? Bisognerà pure usare, ogni tanto, gli antinfiammatori della farmacia casalinga.

  • Una gamba di neve

    Una gamba di neve

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    E’ quella che abbiamo trovato io ed alcuni amici arrivati al workshop fotografico “Il paesaggio innevato” organizzato dal fotografo Misha Cattabiani in collaborazione con Erik Concari.

    Capisco che “gamba di neve” sia una espressione decisamente dialettale ma, essendoci al suolo circa mezzo metro di coltre bianca per non dire del metro e passa accumulatosi nei punti esposti al vento, credo che l’espressione sia efficace.

    E’ stata veramente una esperienza interessante, in un contesto fantastico: il meteo ha mantenuto le promesse e le nubi hanno hanno disegnato il paesaggio del Parco dei 100 Laghi con forme strane e ricche di chiaroscuri e la giornata soleggiata di domenica ha fatto il resto.

  • Neve al 100 Laghi

    Neve al 100 Laghi

    lago-gemini-innevato_01L’ho aspettata a lungo questa passeggiata nel Parco dei 100 Laghi. Giorni e giorni a programmare, il timore di non essere all’altezza dell’impegno fisico necessario per muoversi nella neve fresca con le ciaspole, abbigliato come l’omino della Michelin e, come al solito, carico come un mulo; le innumerevoli visite al sito del meteo, sacramenti a raffica quando la temperatura rendeva le precipitazioni piovose ma, infine, ci sono riuscito. Non sono propriamente soddisfatto delle foto scattate ma una scusante (a parte il dilettantismo) ce l’ho: è difficilissimo fare degli scatti decenti quando continuamente ci si guarda attorno ad occhi e bocca spalancati, ammirando lo spettacolo mozzafiato della natura.

    faggio-badignana-innevatoGià lungo la strada forestale che dai Cancelli conduce ai Lagoni la vista è spettacolare e più volte mi fermo ad ammirare lo spettacolo della Valle Parma dall’alto, abbagliato dalla bellezza e dai riflessi del sole sulla neve. Il fatto, poi, che queste soste siano utili anche per rifiatare e non calpestare la lingua con le ciaspole è un particolare trascurabile.

    Poi il sentiero si inoltra nel bosco e in più occasioni si passa sui ponticelli che scavalcano i torrenti grandi e piccoli, non ancora completamente ghiacciati, che scendono a valle.

    Finalmente, dopo circa 5 km dalla partenza, il bosco si apre ed arrivo ai Lagoni, con il lago Gemini inferiore completamente ghiacciato e coperto di neve a darmi il benvenuto. Giusto il tempo di chiedermi se il ghiaccio sia in grado di reggere il peso di una persona (ma non credo, non ci sono tracce di animali sulla superficie e loro, certamente, in termini di sicurezza ne capiscono più di me) e mi rintano nel rifugio, per togliermi la neve di dosso e gustare uno “spuntino” a base di salsiccia e polenta. Quindi, per oggi, niente morte per annegamento ma suicidio con il colesterolo.

    Poi ancora fuori nella neve, con il sole che si nasconde dietro al crinale e la temperatura che inizia rapidamente ad abbassarsi come l’oscurità in questo periodo dell’anno. Ancora qualche scatto e via di corsa (beh, per modo di dire) sulla pista del ritorno.

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  • Dagli Appennini…

    Dagli Appennini…

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    … Alle lande.  Pianeggianti.

    Un giretto a Mantova, giusto per vedere cosa offre la mattinata dal punto di vista fotografico (perché, ne esistono altri?); tappa alla Canottieri Mincio, alla ricerca dello skyline virgiliano; un paio di scatti in equilibrio precario sul pontile ghiacciato, cercando di non pestarmi i piedi con gli altri maniaci dello scatto presenti (ben tre, alle 07:50 a.m.) e, soprattutto, di non cadere in acqua.

    E poi di corsa in auto, a controllare di avere ancora tutte le dita, possibilmente funzionanti.

     

  • Boschi d’acqua

    Boschi d’acqua

    boschi-dacqua

    Mi sto togliendo il fango da punti che non immaginavo nemmeno potessero esistere. E non è un fango normale, no: ci si potrebbe tranquillamente costruire un palazzo senza paura di cedimenti.

    Però, tutto sommato, ne vale la pena, perché la golena, con il Po in piena, regala sempre qualche angolo che merita uno scatto.

  • Nebbia alta

    Nebbia alta

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    Nebbia alta. O meglio: dall’alto.

    Una volta tanto è una sensazione diversa per me che la vedo sempre da dentro.

    Dove vivo io ci sono nebbie così dense che ci puoi appoggiare la bicicletta.

    Vederla da qui ti fa venire voglia di appoggiarci il cuore.

     

  • Voci

    Voci

    Sul web circolano voci incontrollate: la D800 soffre di backfocus, no di frontfocus, no problemi di focus sui punti laterali di sinistra, no è il 14-24 f/2.8 che non va bene con questa macchina (se, e le marmotte confezionano la cioccolata), Nikon ha cannato, eccetera. Non è da escludersi a priori: sappiamo benissimo che i difetti di gioventù possono affliggere qualsiasi prodotto, soprattutto quelli con alto contenuto di elettronica.

    Ma… E andare a fotografare invece di consumare la vita a ritrarre muri a vista, pile stilo e fogli millimetrati, no eh?