Tag: estate

  • Le strade di Viadana (e dintorni)

    Le strade di Viadana (e dintorni)

    Un giro virtuale per le strade del viadanese, immortalato su pellicola, per godersi ogni attimo con calma.

    Quando sembra che non ci sia più tempo, la tentazione è quella di mettersi a correre, fare presto, fare il più cose possibile.

    Ed invece no. Bisogna fermarsi. Assaporare le cose che conosci e che ami, come la tua Bassa, le campagne che vedi da tanto tempo, le strade che hai percorso tante volte.

    Metti da parte le macchine digitali, quelle perfette che difficilmente sbagliano un colpo, che ti fanno vedere la foto prima ancora di averla immaginata. E tiri fuori le vecchie glorie che come sensore hanno un rullino e che per trentasei volte sarà quello e solo quello, senza ripensamenti. E scatti piano, prendendoti il tempo. Anche quello che forse non c’è.

    E non sai quanto tempo ci sarà ancora. Ma hai la confortante speranza che i tuoi passi ed il clic della tua macchina fotografica risuoneranno ancora un po’ quando sarà tornato il silenzio in queste strade amiche.

     

    Via Argine Oglio

     

    Via Volta

     

    Via Valle

     

    Via Ottoponti

     

    Via Manfrassina

     

    Via Valle

     

    Via Podiola

     

    Via Al Ponte

     

    Via Bordenotte

     

    Via Kennedy

     

    Via Val D’Enza

     

    Via Pisacane

     

    Via Cadorna

     

    Via Val D’Enza

     

    Via Case Sparse Casalbellotto

     

    Via Podiola

     

    Via Al Ponte

     

  • Il “Campo Giochi” all’infrarosso, lo scatto passo dopo passo

    Il “Campo Giochi” all’infrarosso, lo scatto passo dopo passo

    La fotografia digitale all’infrarosso è oramai alla portata di tutti: i costi decisamente contenuti per l’attrezzatura e i tutorial pubblicati su internet da fotografi specializzati, aiutano ad affrontare questa tecnica fotografica con relativamente pochi patemi d’animo. Intendiamoci: alcuni “segreti” vengono comunque gelosamente custoditi, ma i passi base per ottenere e post-produrre dignitosamente una foto all’infrarosso sono di pubblico dominio.

    Io non sono affatto uno specialista di questa tecnica, anzi; però ho deciso ugualmente di cimentarmi perché mi offre la possibilità di fotografare ciò che preferisco  – paesaggi – in momenti del giorno in cui gli altri fotografi rientrano nelle bare, rifuggendo la dura ed impietosa luce della metà giornata quasi fossero vampiri. Ovviamente scherzo, su vampiri e bare, ma non sul discorso illuminazione: è ormai noto che la fotografia all’infrarosso ha bisogno di una elevata illuminazione e che, proprio per le sue caratteristiche, i risultati migliori si ottengono scattando nelle ore centrali della giornata e non all’alba o al tramonto come nelle foto di paesaggio “tradizionali”. In pratica è una tecnica fotografica che permette ai patiti di non fermarsi mai e scattare anche nei tempi normalmente considerati “morti” a causa della luce sfavorevole.

    In questa sede non scriverò di post produzione: esistono svariate scuole di pensiero, tutte validissime, ma sarebbe necessario prima di tutto conoscerne i contenuti (tutti i contenuti e non solo spizzichi e bocconi e, se qualcuno si sente tirato per le orecchie, beh la mia intenzione è proprio quella) e poi parlarne diffusamente. Magari ci ritorneremo. Qui desidero semplicemente raccontarvi come effettuo lo scatto, con quale attrezzatura e il procedimento.

    Prima di tutto la fotocamera: ho acquistato (nuova perché sono decisamente pignolo, con sconfinamenti nella maniacalità) una Nikon D90, ad un prezzo molto conveniente ma, volendo, si possono trovare ottime macchine usate a prezzi ancora migliori, vista la non più verde età del modello in questione. L’ho fatta successivamente  modificare per adattarla alla fotografia all’infrarosso presso un laboratorio di fiducia. Ricordate sempre che queste modifiche sono praticamente irreversibili; quindi ricorrete ad esse solo se siete convinti di quello che state facendo, perché dopo la stessa fotocamera non potrà più essere utilizzata per scattare foto “normali”.  Comunque, dicevo, procedo in questo modo:

    1. scelgo il luogo dove scattare le foto, preferibilmente in posti in cui sia presente una discreta vegetazione (alberi, cespugli, prati, anche coltivazioni) e, ancor meglio, un corso o uno specchio d’acqua; come noto, nelle fotografie IR, la vegetazione apparirà molto chiara, quasi bianca mentre invece cielo ed acqua verranno resi molto scuri, creando un contrasto di notevole intensità; da ricordare che, proprio grazie alle sue peculiarità, questa tecnica eliminia notevolmente la foschia atmosferica, quindi niente paura se, al momento di uscire per fotografare, l’atmosfera si presenta di quell’azzurrognolo fosco che fa passare la voglia di scattare foto;
    2. scelgo, come detto, una giornata soleggiata; se poi sono presenti in cielo nuvole e nuvolette, per me è il massimo; il sole cerco di averlo lateralmente, per motivi che trovo offensivo spiegarvi;
    3. piazzo il treppiede perchè, oltre a garantire stabilità alla fotocamera ed evitare il mosso, mi consente di mettere a fuoco con discreta precisione e prendendomi tutto il tempo che mi serve per inquadratura e scatto;
    4. come obiettivo preferisco usare un grandangolare, per enfatizzare soprattutto il cielo, visto che nella foto ad infrarossi questo appare, come detto, scuro ed il contrasto con le nuvole dona drammaticità ed un effetto che amo tantissimo; più precisamente mi affido allo zoom Nikon 10-24 mm che è nel formato DX adatto alla D90 (corrisponderebbe, grosso modo, alle focali 15 – 36 mm sul formato 35 mm).
    5. utilizzo sempre il telecomando (nel mio caso un Nikon ML-L3 ad infrarossi) per la solita questione di evitare il mosso;
    6. compongo l’inquadratura e metto a fuoco manualmente utilizzando il live view sullo schermo LCD della fotocamera e tengo contemporaneamente oscurato il mirino con l’accessorio apposito (o anche con un pezzo di nastro adesivo scuro) per evitare infiltrazioni indesiderate di luce; considero questo accorgimento di utilizzare il live view abbastanza importante, perché ho notato che, dopo la modifica alla fotocamera, la precisione dell’autofocus lascia un pochino a desiderare. Occorre tenere presente che, vista la elevata luminosità presente in quelle ore della giornata, non è proprio semplicissimo comporre e focheggiare utilizzando lo schermo della fotocamera, a causa dei riflessi; ecco perché dicevo prima che cerco di utilizzare sempre il treppiede: mi consente di avere entrambe le mani libere ed usarle per cercare di schermare dalla luce l’LCD o, meglio ancora, di usare un accessorio molto valido che si comporta come un mirino da applicare sullo schermo stesso della macchina fotografica, lo Hoodman Loupe (ne esistono differenti versioni e modelli); prossimamente voglio esagerare e provare ad utilizzare un piccolo schermo LCD da 7 pollici, opportunamente schermato, che si collega alla fotocamera con cavo USB: vi saprò dire;
    7. generalmente uso un diaframma generoso, per cercare di avere una buona leggibilità su tutto il fotogramma, solitamente f/11;
    8. eseguo un primo scatto e, se in visualizzazione noto che le aree della vegetazione sono troppo chiare, al limite del “bruciato”, rieseguo lo scatto compensando l’esposizione di 1 o anche 2 stop; poi, sullo schermo del computer, mi renderò meglio conto di quale fotogramma sia meglio utilizzare ma, almeno, ho materiale su cui posso lavorare.

    Tutto qui, nulla di trascendentale. Solo, come sempre, qualche accorgimento tecnico, molta attenzione e tanta calma, non stiamo fotografando una gazzella da immortalare al volo altrimenti fugge.

    Ah, e perché il “Campo Giochi” del titolo? E’ presto detto: è uno scherzo fra amici pescatori; si tratta di un una sezione di canale di irrigazione e bonifica della Bassa padana il cui vero nome è Corte Pizzo, decisamente accogliente, in cui ci troviamo spesso con la scusa di una pescata in compagnia (pesce tassativamente rilasciato in buona salute alla fine, ci tengo a dirlo) ma con il vero fine di una grigliata all’aperto, con tutto ciò che ne consegue. E poiché in autunno ed inverno il canale viene prosciugato quasi completamente e la vegetazione non è più ovviamente rigogliosa, l’unico periodo buono per fotografarlo è nella stagione calda, caldissima.

  • Io odio l’estate

    Io odio l’estate

    O almeno parecchi aspetti di essa. Questa avversione si mitiga nelle fresche mattinate che seguono ad un temporale notturno (rarità, ormai) ma il sentimento permane. Il vecchio, caro, rassicurante Anticiclone delle Azzorre si fa vedere sempre più raramente; ho persino il timore che non esistano più nemmeno le Azzorre. Indubbiamente tutto ciò è influenzato dal luogo in cui vivo, una zona in cui spesso al caldo si aggiunge l’umidità e allora son dolori.

    E io, genio incompreso, che ti faccio a questo punto? Niente, per esoricizzare il caldo, per fargli capire che, prima di stramazzare al suolo privo di sensi, il più forte sono io, penso bene di pianificare alcuni scatti dedicati a questa stagione, all’aspetto che assumono i luoghi a me familiari sotto la calura estiva: quindi una lotta con colori spesso appiattiti dalla troppa luce, cieli azzurro-insulso tendenti al bianco, ombre in alcuni casi dure in altri totalmente assenti.  Di conseguenza poche foto all’alba, niente foto notturne, ma essenzialmente foto scattate quando il sole picchia anche se sta sopraggiungendo la sera, senza uno straccio di nuvola all’orizzonte ad ammorbidire la scena e a sollevarmi il morale.

    E, non contento, penso bene di costringermi a scattare questa serie di foto con la pellicola, utilizzando una fotocamera analogica, ma tanto analogica, come la Mamiya RB67, che è talmente analogica da non avere nemmeno l’esposimetro incorporato, obbligandomi così a starci ancor di più, sotto al sole impietoso, per misurare con l’esposimetro manuale le varie luminosità della scena. Unica compagnia il cane fedele che, sdraiato in auto, mi avvisa se l’aria condizionata è a posto così o se devo alzare.

    Il risultato? Alcuni negativi (Kodak Portra 120 400 iso) 6×7 da passare nello scanner che restituiscono abbastanza fedelmente quello che volevo memorizzare e condividere: attimi di una stagione che proprio non riesco a farmi piacere, bellezza che sembra rimanere immobile per salvaguardre le residue energie rimaste, per sopravvivere.

    Aspettando l’Autunno, rimpiangendo la Primavera e rivalutando l’Inverno.