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  • Obiettivo AF-S NIKKOR 500mm f / 5.6E PF ED VR

    Obiettivo AF-S NIKKOR 500mm f / 5.6E PF ED VR

    Il Nikkor AF-S 500mm f/5.6E PF ED VR (da ora in poi, per brevità, scriverò 500PF) è uscito sul mercato verso la fine del 2018. Io possedevo lo zoom Nikkor 200-500mm f/5.6E ma, resomi conto che praticamente lo usavo sempre “inchiodato” a 500mm ed essendo invogliato dalle caratteristiche del nuovo nato, l’ho venduto ed ho acquistato il 500PF. Lo sto adoperando da un po’, sia con la DSLR D850 che con la mirrorless Z7 e credo di poter scrivere alcune considerazioni sulla mia esperienza, ricordandovi che non sono un tecnico e le mie sono opinioni assolutamente personali e derivanti dall’uso sul campo e non, assolutamente, da test scientifici, per i quali ci sono siti ultra-specializzati.

    Qualità costruttiva

    L’obiettivo è prodotto in Cina, a differenza della maggior parte degli altri obiettivi professionali Nikon, che sono realizzati in Giappone. In passato un esperto poteva immediatamente distinguere un obiettivo costruito in Giappone da un obiettivo costruito in Cina valutando la qualità costruttiva, ma direi che in questo caso avrebbe qualche tentennamento, perché la qualità e la finitura della costruzione sono assolutamente buoni. I materiali della struttura esterna sono “rassicuranti”. L’anello di messa a fuoco gira molto fluidamente così come il collare del treppiede. Gli interruttori a leva sono robusti e precisi. Inoltre, come dichiarato da Nikon, l’obiettivo è resistente alle intemperie e la lente anteriore è trattata al fluoro, per respingere le gocce d’acqua. Anche il paraluce in dotazione è valido e, cosa importantissima, con un blocco di aggancio che ne impedisce il distacco accidentale ed è sicuramente molto meglio del paraluce presente sull’obiettivo zoom Nikkor 200-500mm f/5.6E che, in alcune occasioni, si è staccato dal corpo dell’obiettivo, obbligandomi a difficoltosi recuperi in posti non proprio agevoli. Quindi direi sinteticamente buoni voti sulla qualità della costruzione.

    Lunghezza e peso

    Non è possibile confrontare il 500PF con altri teleobiettivi da 500 mm, non ha molto senso, per il semplice motivo che l’obiettivo è quasi 1500 gr. più leggero del Nikkor 500mm f/4E, per esempio, e non renderei giustizia a nessuno dei due. Quindi ritengo sia più corretto confrontarlo con il Nikkor 70-200mm f/2.8 G. Il peso del 500PF (con copriobiettivo, con piede del treppiede e con paraluce montato) è 1600 gr. circa e anche il peso del 70-200mm f/2.8 G è 1600 gr. circa; devo aggiungere altro? E per quanto concerne la lunghezza? Nuovamente l’unico paragone ragionevole è con il 70-200 f/2.8 G e quindi: il 500PF arriva a 24 cm. circa e il 70-200 f/2.8 G arriva a 21 cm. circa, entrambi misurati senza il paraluce in posizione. Quindi il 500PF è solo di circa 3 cm. più lungo del 70-200 f/2.8. Da ciò di deduce che questo obiettivo è – se confrontato con altri obiettivi prime 500mm – assolutamente piccolo.

     

    Caratteristiche fisiche

    Mi viene da dire equilibrio. Trovo che il 500PF sia ben bilanciato sulle DSLR di fascia alta di Nikon, è come avere un 70-200 montato sulla fotocamera. Con una fotocamera più leggera come la mirrorless Z7, si avverte un leggero sbilanciamento frontale ma non tanto da costituire un problema, anche perché non bisogna scordare che quando si usa il 500PF con la Z7 è necessario montare l’adattatore di baionetta FTZ nel mezzo, che aggiunge circa altri 3 cm alla lunghezza totale della configurazione.

    Ergonomia e controlli

    L’ergonomia e le posizioni dei pulsanti sono simili a quelle della maggior parte dei teleobiettivi Nikon. Questo obiettivo viene fornito con un set di 4 pulsanti di attivazione AF e, almeno per me, sono posizionati esattamente dove la mia mano si appoggia istintivamente quando si tiene in mano l’obiettivo. Questi pulsanti possono essere utilizzati per mettere a fuoco, bloccare la messa a fuoco o per “richiamare la memoria” di un punto pre-focalizzato e precedentemente memorizzato utilizzando un altro pulsante sull’obiettivo, il Pulsante Imposta Memoria. Naturalmente, se si dispone di un corpo macchina che supporta la funzionalità, è possibile utilizzare il pulsante di attivazione AF per passare immediatamente a una diversa modalità Area AF. E qualcosa che ho appena imparato giocando con il 500PF sulla Nikon Z7: se si utilizza la funzione “richiamo memoria”, quando si preme l’attivazione AF il pulsante non solo mette a fuoco l’obiettivo sulla posizione memorizzata in precedenza, ma utilizza automaticamente il focus peaking per mostrare ciò che effettivamente è a fuoco.

     

    Prestazioni VR e “impugnabilità”

    Tenere in mano il 500PF è incredibilmente più facile che tenere in mano uno degli altri obiettivi da 500 mm (ma anche focali più corte) che abbia mai provato. Se ti trovi in ​​una situazione in cui sei costretto ad usare l’obiettivo a mano libera, le dimensioni contenute e il peso ridotto di questa lente gli conferiscono un enorme vantaggio rispetto ai “tradizionali” 500mm. A tale proposito, ho avuto proprio recentemente l’esperienza di una sessione fotografica di oltre quattro ore in Val Roseg (ne ho scritto qui: I tesori della Val Roseg); ebbene: ho di fatto rinunciato all’utilizzo del treppiede per essere più reattivo agli spostamenti veloci dei soggetti ed ho scattato a mano libera per tutto il tempo senza interruzioni e riposandomi solo saltuariamente ed alla fine della sessione avevo solo un poco di indolenzimento delle braccia, dovuto più alla posture innaturali e alle condizioni climatiche proibitive che al peso dell’insieme obiettivo/fotocamera (sia D850 che Z7 alternate nell’accoppiamento con il 500PF). Per quanto riguarda il sistema VR di riduzione delle vibrazioni, Nikon dichiara un vantaggio di 4 stop quando si utilizza in modalità VR normale e personalmente non ho motivo di dubitare di questa affermazione, visto il sistema VR sembra molto efficace.

    Prime impressioni

    Viviamo in un’epoca di affermazioni esagerate – a volte persino palesemente false – legate al marketing. I prodotti con un aumento del 10% delle prestazioni sono etichettati come “rivoluzionari”. Non voglio assolutamente contribuire a tutto questo e avanzare affermazioni su ciò che questo obiettivo potrà rappresentare per altri fotografi. Quindi dirò tre cose riassumendo la mia prima impressione generale del 500PF: a) Urca! b)  Questo obiettivo ha già superato le mie aspettative. Per essere onesti, non erano alte: sapevo che l’obiettivo sarebbe stato piccolo, facile da trasportare e “conveniente” da usare. E mi aspettavo che sarebbe stato sufficientemente valido dal punto di vista ottico. Quindi immaginavo che il suo principale punto di forza sarebbe la sua dimensione relativamente ridotta e già solo per questo motivo sarei stato disposto ad accettare un leggero “degrado” della qualità dell’immagine rispetto ai “migliori” super-tele di Nikon. Ma sono stato completamente sorpeso da quanto sia valido questo obiettivo sia nelle prestazioni ottiche che in quelle di autofocus. È proprio lì “in zona” con i migliori super teleobiettivi Nikon, al netto, ovviamente, dell’apertura minima f/5.6. c) Non dico che questo obiettivo sarà un prodotto rivoluzionario per chiunque altro, ma lo è per me. Il mio uso di un obiettivo “impegnativo” da 500 mm non sarà più limitato alle aree in cui può essere facilmente trasportato, o facilmente impostato e utilizzato. Questa lente mi seguirà spesso nei luoghi che frequento per le foto naturalistiche ed in ogni occasione in cui sarebbe stato possibile portare il 70-200mm f/2.8, offrendomi la possibilità di scattare fotografie che, diversamente, non avrei potuto ottenere.

  • I tesori della Val Roseg – video

    Avevo visto sul web alcuni video sugli uccellini della Val Roseg e sulla loro confidenza con l’uomo. Ma ero un po’ scettico, al riguardo, trattandosi pur sempre di animaletti selvatici  e mi sembrava altamente improbabile che fossero temerari fino al punto di prendere il cibo direttamente dalle mani. Finché non ho provato personalmente. Un poco di semi misti ad arachidi tritate nel palmo della mano, un attimo di attesa immobile ed inizia lo spettacolo.

    Una emozione unica.

  • I tesori della Val Roseg – Il Bosco Delle Cince

    I tesori della Val Roseg – Il Bosco Delle Cince

    Domanda: “Si possono fare 325 km all’andata ed altrettanti al ritorno nel giro di 24 ore solo per andare a fotografare un pallina di piume di 13 grammi?” Risposta: “Sì. Se sono mesi che hai in testa il chiodo fisso di fotografare la cincia dal ciuffo, si può fare anche questo”.

    Viaggio in Val Roseg

    E l’ho fatto. Ho caricato armi e bagagli ed ho fatto un giretto fino alla bellissima Val Roseg, nel Cantone svizzero dei Grigioni, ai piedi del massiccio del Bernina. Perché fare tanta strada? In fin dei conti la cincia dal ciuffo si trova anche sulle montagne dell’arco alpino italiano e sull’Appennino Tosco-Emiliano. Sì, vero, ma occorre prima di tutto individuarla, poi essere fortunati ed infine sperare che si avvicini a tiro di obiettivo. Invece le cince della Val Roseg sono un discorso a parte: in questo luogo sono coccolate, con cibo e rispetto, dagli abitanti, dai turisti e dalle autorità ed hanno progressivamente sviluppato una fiducia nei confronti dell’uomo che ha pochi eguali altrove.

    La meraviglia del Bosco Delle Cince

    Mentre lo scrivo ancora faccio fatica a crederci: si cammina per pochi chilometri nel bosco innevato avendo fin da subito la sensazione di sentirsi osservati da mille occhi che dall’alto dei pini e dei larici ti scrutano con interesse; quando si sente il cinguettio di queste meraviglie ci si ferma, si posano a terra un po’ di semi e, nel giro di pochi minuti, comincia l’andirivieni frenetico e ipnotizzante di questi (e molti altri) passeriformi; si avvicinano sempre meno timorosi, a brevissima distanza, arrivando persino a posarsi su una mano che offre cibo (video) o (giuro, mi è successo!) sul cappello di lana del fotografo in azione. Tengono loro compagnia a tavola anche splendidi scoiattoli bruni che reclamano a gran voce la loro porzione.

    Le foto degli abitanti del Bosco Delle Cince

    Ecco, le foto. Avevo letto diversi articoli che spiegavano come in Val Roseg non sia strettamente necessario portare gli obiettivi “lunghi”: i soggetti delle foto si avvicinano talmente tanto a chi fotografa che già un 200mm basta ed avanza e che, anzi, a volte si riesce persino a rimanere più “corti”. E’ anche vero che una focale più lunga isola il soggetto dallo sfondo e quindi ho optato per questa configurazione: la Nikon D850 e la Nikon Z7 come corpi, entrambi full frame, rinunciando di fatto al fattore di moltiplicazione di una DX e privilegiando la grande disponibilità dati di un file da sensore FX; il Nikkor 70-200mm f/2.8 stabilizzato per avere un po’ di alternative sulla lunghezza focale e, soprattutto, per avere un’ampia apertura disponibile in caso di giornata nuvolosa o zone particolarmente ombreggiate del bosco; e infine il Nikkor 500mm f/5.6 stabilizzato perché è leggero, poco ingombrante, se deve isolare il soggetto lo fa veramente e, sinceramente, perché ormai non riesco ad uscire per sessioni di caccia fotografica senza infilarlo nello zaino, mi sentirei nudo (bruttissima immagine…).

    Attrezzatura utilizzata

    Ho portato con me, inoltre, tutte e quattro le batterie di riserva che possiedo, prevedendo un clima gelido che diminuisce di fatto le prestazioni delle stesse ed è stata una scelta indovinata perché, in cinque ore di scatti ed utilizzando entrambi i corpi macchina, con messe a fuoco ripetute e utilizzo saltuario dell’LCD, sono servite; tanto per dire: a mezzogiorno, malgrado il soleggiamento, la temperatura era -1° C, immaginate il prima e il dopo. Un’avvertenza, credo superflua, ma non si sa mai: abbiate sempre l’accortezza di conservare le batterie di riserva vicino al corpo, in una tasca interna dell’abbigliamento; se le tenete nello zaino, sono meno protette dal freddo e diminuisce di fatto la loro efficienza. Ho pensato di portare con me anche il treppiede ma, effetivamente, non l’ho nemmeno aperto: per seguire proficuamente le evoluzioni di cince e compagnia volante ero troppo impacciato; in pratica ho fotografato sempre a mano libera, producendo inevitabilmente più scatti mossi o sfocati, da cestinare, ma almeno ero abbastanza rapido a puntare l’obiettivo verso il punto in cui si era posato il soggetto di turno. In ogni caso vi consiglio di portarlo ugualmente: non si può mai sapere e non averlo potrebbe pregiudicare un’uscita fotografica.

    Completavano l’attrezzatura: zaino con spallacci comodi, minuteria varia figlia del “non si sa mai”, semi assortiti per gli uccellini (poi vi dico) e abbigliamento adatto a freddo e neve: in questo periodo in Val Roseg può fare freschino e non sono una rarità le nevicate improvvise; la notte precedente all’uscita, per esempio, la temperatura è scesa a -9° C ed è nevicato ma sono state registrate anche minime decisamente inferiori, perfino durante il giorno; passando poi parecchio tempo fermi, in attesa di fotografare, è veramente consigliabile vestirsi in modo adeguato e non lesinare sugli strati, ricordando che in fin dei conti la parte iniziale del sentiero si trova a 1750 metri di altitudine ed in fondo ad esso, dopo circa 7 chilometri, si arriva circa ai 2000 metri, quindi non esattamente clima tropicale. Comunque, se il meteo è almeno clemente, grosse problematiche fotografiche non ce ne sono: come ho già detto basta tenere presente che si possono avere nello stesso istante e nel medesimo luogo illuminazioni fortemente diverse dovute ai chiaroscuri del bosco o del sole che gioca a nascondino con le nuvole, se c’è neve (e in questo periodo ce n’è tanta) attenzione a non fare ingannare l’esposimetro e ai riflessi improvvisi ed indesiderati, se desiderate portare a casa qualche foto di paesaggio portatevi un obiettivo dedicato perchè ci sono innumerevoli scorci che vanno dal bello al meraviglioso.

    La “pappa” degli uccellini

    Dicevo semi assortiti: in realtà non ho utilizzato buste già pronte che si trovano nei negozi o anche in alcuni dispenser dislocati lungo il sentiero e mi sono affidato alla rassicurante cucina mantovana, con una miscela di sicuro effetto (lo so perché l’ho testata ripetutamente con le cince “cittadine” che frequentano il mio giardino): semi di girasole belli grossi e arachidi tritate (non salate, mi raccomando!), tutto biologico e conservato accuratamente. Il bello è che, oltre ad attirare le cince (cincia dal ciuffo, cincia bigia, cincia mora, cinciallegra) questo cibo ha sortito il suo effetto anche sul picchio muratore, sulla nocciolaia e persino sullo scoiattolo bruno. Verso ora di pranzo ero tentato di assaggiarlo anch’io…

    Solo un’immagine, prima di concludere: mentre stavo tornando all’auto, appena lasciato il posto in cui mi sono fermato più a lungo, nel silenzio del bosco ho sentito un frullo d’ali e qualcosa mi ha sfiorato la testa andando a posarsi sul ramo di un pino di fronte a me, con una serie di piccoli cinguettii. Era una cinciallegra, che evidentemente controllava se mi fosse rimasto qualcosa da offrire. E poi non venitemi a dire che questo posto non è magico.