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  • Yashica FX3 Super 2000, l’inizio

    Yashica FX3 Super 2000, l’inizio

    La Yashica fu fondata in Giappone nel 1949 e, insieme a Nikon e Canon, è uno dei più antichi e prestigiosi nomi della fotografia del Sol Levante. In un primo tempo la produzione fu incentrata su apparecchi biottici e, nel 1959, iniziò anche la fabbricazione di reflex a lente singola. Nel 1973 mise in atto una collaborazione con la tedesca Contax per la creazione della reflex RTS, ottenendo in cambio il diritto di utilizzare i prestigiosi obiettivi Zeiss, grazie alla progettazione di una baionetta di innesto comune ad entrambe le marche. La produzione delle nuove reflex giapponesi con baionetta Contax/Yashica (brevemente C/Y) fu avviata nel 1975 con il modello FX-1 a cui seguirono altri modelli, fra i quali, nel 1979, la fotocamera entry level della serie, la FX 3. Come già detto altrove, occorre fare mente locale sul concetto di entry level dell’epoca: contrariamente a quanto accade ai nostri giorni, le macchine fotografiche base erano prive di alcuni automatismi ed accessori presenti sui modelli di fascia più elevata, ma le caratteristiche di affidabilità, qualità ed ergonomia erano le medesime. La Yashica FX-3 divenne ben presto un modello richiestissimo e la sua produzione si protrasse per circa 23 anni, mantenendo le sue peculiarità, se si escludono alcuni aggiornamenti minori, l’ultimo dei quali nel 1986 che produsse la versione Super 2000, che deve il suo nome al tempo di scatto minimo disponibile di 1/2000 rispetto al 1/1000 del modello originale e annovera l’aggiunta di un grip per facilitarne l’impugnatura.

    A mio giudizio (ma non solo mio, visto il successo ultra ventennale) è una reflex dall’aspetto piacevole, compatta (135x85x50 mm) e leggera (poco meno di 500 grammi il solo corpo). Decisamente robusta a livello meccanico, la FX 3 Super 2000 non lo è altrettanto come corpo, in cui viene utilizzata parecchia plastica, seppure di ottima qualità. Il dorso è incernierato al lato destro del corpo stesso e si apre tirando verso l’alto il pomellino di riavvolgimento del rullino. Decisamente semplice caricare la pellicola: si inserisce la linguetta del rullino nella fessura del rocchetto sulla destra, la si mette leggermente in tensione con la leva di carica e agendo successivamente sulla manovella di riavvolgimento e, dopo la chiusura del dorso, si scatta fino a raggiungere il numero 1 sul contascatti. Il mirino della FX-3 mostra il 92% dell’inquadratura ed è decisamente e piacevolmente spartano: al suo interno, infatti, ci sono solo tre led posti in verticale sulla destra che mostrano la sovraesposizione (un “+” rosso), la corretta esposizione (un pallino verde) e la sottoesposizione (un “–“ rosso). La messa a fuoco (manuale) avviene a mezzo di telemetro con immagine spezzata al centro e un anello di microprismi.  L’otturatore è completamente meccanico, un Copal Square a lamelle metalliche con tempi di scatto da 1 secondo a 1/2000 di secondo e posa B e funziona anche senza pile, che sono però presenti nel fondello della fotocamera e servono solo al funzionamento dell’esposimetro; originariamente si utilizzavano le SR44 (ossido d’argento) ma, essendo ormai introvabili o quasi, vanno benissimo due LR44 alcaline da 1,5V (o una CR2 al litio da 3V). L’esposimetro si attiva con una leggera pressione del pulsante di scatto (che presenta la filettatura per lo scatto flessibile) e la corretta esposizione si presenta, come detto, quando il solo led verde è acceso; se contemporaneamente si accende anche uno dei led rossi, significa che c’è una differenza di esposizione di ½ stop; la lettura è di tipo TTL  e la sensibilità ISO va da 25 a 3200. Sul frontale della FX 3 è presente la levetta che aziona l’autoscatto che ha la notevole prerogativa di pre-ribaltare lo specchio, garanzia di riduzione delle vibrazioni (prendere buona nota).

    L’obiettivo standard commercializzato con la FX 3 Super 2000 è lo Yashica ML 50 mm e massima apertura f/1,9. Per concludere: la FX 3 si dimostra veramente piacevole da usare, grazie alla sua leggerezza ed al suo bilanciamento e dopo pochi minuti si ha l’impressione di averla usata da sempre (sarà anche perché per me è stato veramente così, essendo stata la mia prima fotocamera), pur con tutti i suoi limiti, come la poca rapidità del sistema a collimazione di led o la ghiera dei tempi un po’ dura da azionare con un dito solo, per non parlare dell’otturatore dal suono piacevole ma decisamente “importante” e quindi non proprio ideale per la foto di strada, se si vuole passare inosservati. Per contro, la possibilità di poter montare gli ottimi obiettivi Carl Zeiss T* è un plus non indifferente e la mancanza di automatismi “costringe” a concentrarsi su quello che più conta: il soggetto della fotografia. Allegati a questo testo, ci sono alcuni scatti.

  • Come ritrovare una vecchia amica

    Come ritrovare una vecchia amica

    No, non è una puntata di una di quelle trasmissioni televisive che si adoperano per ritrovare persone scomparse. E’ l’esternazione della felicità di aver ritrovato una vecchia conoscenza, uno di quegli oggetti (termine un po’ freddo) che ci hanno accompagnato nel passato e di cui si avverte un po’ la nostalgia. Avete presente quando lo squalo individua una preda ed inizia a compiere giri concentrinci sempre più stretti fino a che raggiunge il suo obiettivo? Bene, mi sono comportato allo stesso modo con la Yashica FX3 Super 2000: ho continuato a spulciare le vendite on-line finché ho individuato ed acquistato ciò che volevo. Un venditore giapponese (che Dio benedica la precisione nipponica e la cura con cui conservano le fotocamere) aveva giusto quello che cercavo con, in più, l’obiettivo commercializzato a suo tempo in kit, il 50mm f/1.9 sempre Yashica. E, nel giro di una decina di giorni, con un occhio al calendario e l’altro al sito di tracking delle spedizioni, ho ricevuto un esemplare di quella che è stata la mia prima macchina fotografica. Per di più in condizioni ottimali. Poi c’è scappato anche un 20mm f/3.8 Cosina/Contax, giusto per essere un po’ più sul pezzo in argomento di paesaggi, ma lì è stata colpa del venditore che ha insistito per farmelo acquistare…

    Giusto il tempo di arrivare a casa, spacchettare un paio di rullini che avevo già tolto dal frigorifero (letteralmente) per l’evento e via a fotografare nella campagna circostante, un po’ per comodità e un po’ perché c’erano alcune situazioni interessanti che non ho voluto fotografare in digitale ma che ho deciso di “conservare” per fare il test al nuovo acquisto. Intendiamoci: niente opere d’arte, avete sbagliato fotografo. Solo alcuni scatti in libertà, mi verrebbe da dire in scioltezza, con le dita che trafficavano con esperienza sui tasti già noti e il mezzo sorriso da deficiente stampato in volto per la felicità.

    Alla fine, nel giro di pochi giorni, ho scattato due rullini negativi a colori di Kodak Portra 160 (foto con watermark in nero) e un rullino di diapositive Fuji Velvia 100 (foto con watermark in bianco). I risultati, un po’ per le caratteristiche intrinseche di queste due pellicole e anche per i diversi momenti di scatto, sono ovviamente eterogenei e come tali ve li propongo.

    In questo testo (“Yashica FX3, l’inizio”) se vi interessa, potrete leggere un po’ di storia della fotocamera. Per quel che mi riguarda, ho già riservato un posto d’onore alla Yashica FX3 vicino alle mie “vecchiette” Nikon, perché i ricordi vanno trattati bene. E’ tutto ciò che ci resta dei momenti felici passati.