Negli anni ‘60 iniziò la fortuna delle fotocamere reflex a discapito della diffusione di quelle a telemetro. Una spinta non indifferente la diede l’uscita sul mercato della Nikon F nel 1959, che segnò una vera e propria pietra miliare nel mondo della fotografia. La F divenne ben presto l’ammiraglia di casa Nikon, anche in virtù delle sue caratteristiche professionali. E lo restò anche per lungo tempo, considerato che fu prodotta in circa un milione di esemplari. Unico neo (comune anche alle DSLR professionali odierne) era il costo elevato, fatto che convinse i vertici industriali della casa giapponese a commercializzare un prodotto che fosse più alla portata di chi non desiderava o non poteva svenarsi per una fotocamera. Venne prodotta allora la Nikkorex F che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto costituire il secondo corpo per i professionisti e una macchina appetibile per tutti. In realtà questa serie di fotocamere non ottenne il successo sperato e la loro produzione venne abbandonata all’inizio degli anni ‘70 in favore della serie Nikkormat che, di fatto, ottenne nelle sue varie versioni un successo non indifferente.
La prima Nikkormat ad essere presentata fu la FT (sul mercato giapponese comparve con il nome di Nikomat); si trattava di una fotocamera con un corpo decisamente robusto, disponibile sia nella versione nera che cromata, fu prodotta nel corso del biennio 1965-1967 ed offriva prestazioni decisamente interessanti: tempi di scatto da 1 secondo ad 1/1000 di secondo, posa B, autoscatto, esposimetro TTL, possibilità di bloccare lo specchio, pulsante per controllare la profondità di campo. Nel 1967 iniziò la produzione della Nikkormat FTn, versione evoluta della FT, che aggiungeva, fra le altre cose, la scala dei tempi visibile nel mirino e la lettura esposimetrica a prevalenza centrale (semispot); la FTn fu prodotta fino al 1975, anno in cui fu presentata la FT2 con ulteriori miglioramenti, inclusa l’aggiunta della slitta portaflash.
Giova ricordare che fino al 1977 le lenti Nikon non effettuavano automaticamente l’accoppiamento con l’esposimetro e quindi era necessario “istruire” il corpo macchina relativamente alla apertura massima disponibile sull’obiettivo che si stava montando. Per questo motivo sugli obiettivi era presente una piccola “V” metallica e quando si innestava l’ottica sulla macchina fotografica era necessario far entrare il piccolo perno presente sul bocchettone della stessa nella scanalatura della linguetta dell’obiettivo; era poi necessario ruotare la ghiera dei diaframmi prima in direzione della massima chiusura disponibile e poi verso quella minima. Questa procedura un poco complicata fu sostituita nel 1977 dal sistema AI (Automatic Indexing) che permise a Nikon di togliere il perno dai corpi delle fotocamere e di produrre gli obiettivi senza la caratteristica linguetta. Fu proprio nel 1977 che apparve l’ultima delle Nikkormat, la FT3, che poteva beneficiare di questa evoluzione.
Come detto, la serie Nikkormat fu presentata anche per offrire al pubblico un prodotto più economico rispetto alle macchine professionali della serie F. A causa di ciò la Nikkormat venne spesso definita come “the poor man’s Nikon F” ovvero “la Nikon F dei poveri”. Niente di più sbagliato: le Nikkormat hanno come caratteristica principale una robustezza notevole, tanto è vero che a distanza di anni si trovano ancora in circolazione modelli perfettamente funzionanti e intatti come la FT2 che ho trovato io e mi risulta che all’epoca il distributore italiano offrisse per queste fotocamere addirittura la garanzia a vita! Dovrebbero essere macchine fotografiche entry-level, d’accordo, ma stiamo parlando di una macchina entry-level di più di 40 anni fa e la cosa si nota quando la maneggiamo: il corpo macchina è interamente in metallo, il mirino è decisamente luminoso, l’otturatore Copal S sul piano focale che arriva ad 1/1000 è più che sufficiente nella maggior parte delle situazioni, ha la possibilità di verificare attraverso l’apposito pulsante la effettiva profondità di campo, può scattare doppie esposizioni ed ha il blocco dello specchio. Tutte queste caratteristiche insieme sono decisamente da fotocamera di fascia medio-alta. Un vantaggio non indifferente è dato poi dalla non indispensabilità dell’alimentazione: la batteria c’è ma serve solo per il funzionamento dell’esposimetro, la macchina può scattare sempre e comunque. Nulla a che vedere con la bramosia energetica delle moderne macchine fotografiche, mirrorless in testa.
4 Comments
Ciao Sergio, usi un esposimetro esterno? Ho hai trovato un sistema per montare batterie nella macchina?
Un saluto
Ciao Gennaro, ho un esposimetro esterno ma lo uso solo nei casi limite, in cui ho necessità di essere assolutamente certo della esposizione da applicare ad un punto preciso dello scatto; diversamente mi affido all’esposimetro della Nikkormat che, in base alla mia esperienza, non mi ha mai deluso. Per quanto riguarda l’alimentazione della fotocamera non ho alcun problema, perché monta tranquillamente le batterie a “bottone” LR44 (altri codici presenti sulla confezione A76, V13GA7 e 76A).
Ciao Sergio, grazie per la risposta.
Quindi si trovano tranquillamente queste batterie… e penso si troveranno sempre, giusto? Ci farei un pensiero per questo modello…. fotocamera robusta…
Sì, assolutamente, sono vendute da marchi famosi e le trovi anche sul noto sito di vendite online. In quanto alla fotocamera, personalmente la adoro: è un mulo, facile da usare e “di sostanza”. Mi raccomando di verificare bene l’acquisto, soprattutto l’assenza di difetti o muffe.