Quante volte è capitato di utilizzare la nostra fotocamera in condizioni meteo o ambientali proibitive? A me succede, ogni tanto. Se sono fuori per foto, lontano dai centri abitati e vengo sorpreso da un acquazzone, non ho molte alternative: o la prendo, o la prendo. Però, a parte raffreddore, tosse, polmonite e (a lungo termine) artrite, non rischio molto. L’attrezzatura fotografica, invece, se bagnata come Natura comanda, corre seri rischi. Si può andare dal malfunzionamento o, peggio, totale decesso delle componenti elettroniche, alle muffe su lenti e fotocamera. Questo può accadere anche se i corpi macchina e gli obiettivi sono tropicalizzati e quindi progettati e costruiti per operare in condizioni estreme.
Ci sono diverse soluzioni per ovviare a questi inconvenienti: si può rimanere a casa sotto le coperte; è possibile ricorrere ad un ombrello, se avete tre mani oppure siete quel fotografo del National Geographic che dice di essere in grado di scattare con un parapioggia in mano (ma lui 1] è figo 2] scatta con quelle macchinette da street che sembrano sottratte dalla casa di Barbie e Ken e costano come la casa di Donald Trump, mica con un ambaradan da svariati chili come faccio io); oppure potete utilizzare una di quelle protezioni in materiale plastico, di diverse dimensioni, qualità e prezzo che si trovano sul web con prezzi che vanno da pochi euro a svariate decine. Si tratta, indubbiamente, di una soluzione valida, facilmente trasportabile nello zaino fotografico, che è opportuno considerare.
C’è anche un altro accorgimento, low cost, che è possibile adottare per proteggere i punti “sensibili” della nostra attrezzatura da schizzi d’acqua (quella salata del mare è un vero killer, poi), umidità in genere e polvere: il nastro adesivo, lo scotch (termine improprio ma universale mutuato da una marca famosa). Ovviamente non sto parlando di un nastro adesivo normale, perché i residui di colla che potrebbero rimanere sulle superfici coperte sarebbero una vera calamità. Mi riferisco ad un nastro adesivo particolare, prodotto dalla 3M®, che ha il notevole pregio di non lasciare alcuna traccia di collante nemmeno dopo parecchie ore di permanenza, persino sotto il sole. Essendo morbosamente geloso della mia attrezzatura, sono stato molto scettico all’inizio e prima di utilizzarlo su macchina ed obiettivi ho fatto alcune prove, lasciando sotto il sole estivo oggetti di materiale vario “scotchati” con questo nastro. Effettivamente il prodotto ha mantenuto le promesse e nemmeno un filino di collante è rimasto sulle varie superfici testate. Tutto bene, dunque? Quasi. Questo nastro adesivo è molto difficile da reperire e può essere facilmente confuso con altri prodotti similari ma non equivalenti; quello che ho usato io ho dovuto mandarlo a prendere negli U.S.A. ma, capite bene, il gioco non vale la candela. Fortunatamente ho trovato un altro prodotto che svolge egregiamente il medesimo compito e con risultanti altrettanto lusinghieri: si chiama “Nastro per mascheratura – Precision Outdoor”, è un prodotto della ditta Tesa® ed è di semplice reperibilità e costo abbordabilissimo.
Con questo prodotto è possibile “tappare” i punti critici durante una sessione fotografica in riva al mare con spruzzi assassini di salsedine o in montagna con la nuvoletta fantozziana che ci segue come un cagnolino fedele: sportellino dei contatti, sportellino del vano batteria, baionetta dell’obiettivo, ghiere dell’obiettivo stesso, fessure del flash incorporato, eccetera. Ah, va bene anche per oscurare il mirino quando si fanno le lunghe esposizioni su treppiede per evitare infiltrazioni di luce indesiderata dallo stesso.
Insomma, può essere un valido alleato per la “salute” della nostra attrezzatura e anch’esso, come gli altri 32 chili di materiale che abbiamo nello zaino fotografico, non pesa e occupa poco spazio.
Solo un chiarimento: non sono sponsorizzato da alcuno dei marchi o prodotti citati (mi piacerebbe, eh) ma mi pare doveroso condividere questi piccoli “aiutini” con coloro che nutrono la mia stessa passione. Se poi, invece che azzurro, si mettessero a produrlo di colore bianco, sarebbe il massimo, per me. Ma qui sto divagando negli accostamenti sportivo-cromatici e non c’entra nulla con l’intento dell’articolo.
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