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  • Nuova uscita: la Nikon Z6 III

    Nuova uscita: la Nikon Z6 III

     

    Alcuni giorni fa Nikon ha presentato la Z6 III in tutto il mondo. La Nikon Z6 III è stata lanciata come successore della Z6 II, presentata circa quattro anni fa, apportando miglioramenti significativi sia in termini di hardware che di funzionalità. Nikon ha puntato a rendere questo modello una fotocamera versatile e potente, adatta a una vasta gamma di applicazioni fotografiche e video, con parecchia attenzione, direi, a quest’ultimo comparto artistico.

    Caratteristiche principali

    – Sensore parzialmente stacked (impilato) e processore

    La Z6 III è dotata di un sensore CMOS BSI full-frame da 24.5 MP con tecnologia parzialmente stacked, prima fotocamera di questo segmento ad adottare questa soluzione tecnica. E’ indubbiamente una delle principali innovazioni del sensore della Z6; questo significa che, pur non essendo completamente impilato come alcuni sensori di fascia alta (ad esempio, quello della Nikon Z9), presenta miglioramenti significativi nella gestione dei dati e nella velocità di lettura rispetto ai sensori tradizionali non impilati. Questa configurazione consente di migliorare la velocità di scatto continuo e ridurre l’effetto rolling shutter nei video. La risoluzione è identica alla Nikon Z6 II ma le prestazioni cambiano in modo netto: raffica a 120 fps e video 6K/60p RAW. I 120 fps sono raggiungibili alla risoluzione di 10 megapixel in formato ridotto DX JPEG oppure, per chi vuole la risoluzione piena, è possibile scattare a 60 fps; si tratta di un miglioramento netto rispetto ai 14 fps del modello precedente. Il nuovo sensore parzialmente stacked promette anche un’elevata gamma dinamica e offre ISO nativo 100-64.000 ISO, con espansione a 50-204.800 ISO. Il processore è l’EXPEED 7, lo stesso della Z8 e della Z9.

    – Sistema autofocus

    Un altro miglioramento significativo è il sistema di autofocus avanzato, che offre 273 punti AF a rilevamento di fase con una maggiore precisione e velocità. Il sistema include anche il rilevamento degli occhi e del viso, rendendolo perfetto per ritratti e fotografia di animali.

    –  Mirino elettronico (EVF)

    Il nuovo EVF della Z6 III ha una risoluzione di 5.76 milioni di punti con frequenza di aggiornamento a 60 fps, un incremento significativo rispetto ai modelli precedenti. È anche estremamente luminoso, con una capacità di 4000 nits, che assicura una visibilità eccezionale anche in condizioni di luce scarsa e, soprattutto, copertura dello spazio colore DCI-P3, per una pre-visualizzazione più fedele delle riprese video.

    – Stabilizzazione

    La Nikon Z6 III include un sistema di stabilizzazione dell’immagine con sistema IBIS a 5 assi e promette fino a 8 stop di stabilizzazione, con la possibilità di aggiungere stabilizzazione elettronica durante la registrazione dei filmati. In più anche su questo modello troviamo la particolare funzione ‘VR sul punto di messa a fuoco’ che ottimizza la stabilizzazione sul punto di messa a fuoco attivo.

    – Video

    Per i videomaker, la Z6 III supporta la registrazione in camera di filmati 6K/60p in formato RAW e 5,4K 60p in formato compresso YUV. Non solo, in 4K è possibile salire fino a 120 fps; inoltre offre una varietà di codec professionali come ProRes Raw e N-raw. Naturalmente per i formati video più gravosi sarà necessario utilizzare le schede di memoria CF Express (possibilmente di qualità e veloci), che affiancano nel doppio slot le tradizionali SD.

    – Design, ergonomia, alimentazione

    Il design della Z6 III segue una linea evolutiva rispetto ai modelli precedenti, con una disposizione dei pulsanti familiare (molto simile alla Nikon Z8) ma migliorata per una maggiore ergonomia. La fotocamera è anche leggermente più grande della Z6 II per garantire un’impugnatura più comoda (il mignolo non esce dall’impugnatura) ed ha una costruzione robusta, con una tropicalizzazione migliorata. Tra l’altro, essendo abituato a maneggiare la Z7 e la Z6, quando ho preso in mano per la prima volta la Z6 III ho avuto, proprio la sensazione di usare la Z8, perché le dimensioni sono effettivamente più grandi delle Z6/7. Utilizza (fortunatamente) le solite batterie EN-EL15c e, per chi prevede raffiche di scatti come non ci fosse un domani o desidera evitare il cambio batterie frequente, è in vendita fin da subito il battery grip MB-N14.

    – Confronto con la Nikon Z8

    La Nikon Z8 e la Nikon Z6 III rappresentano due punti di riferimento nella linea di fotocamere mirrorless di Nikon. La Z8, presentata come una versione più compatta della Z9, offre prestazioni di fascia alta per professionisti, mentre la Z6 III si distingue per essere una fotocamera versatile adatta a fotografi entusiasti e videomaker. Questo, almeno, nelle intenzioni della casa giapponese anche se, sono convinto, ci saranno parecchi professionisti che la utilizzeranno come fotocamera di backup se non come corpo principale; si accettano scommesse.

    La Z8 monta un sensore CMOS BSI full-frame da 45.7 MP, derivato direttamente dalla Nikon Z9, con una risoluzione molto alta e un processore EXPEED 7, che garantisce una gestione rapida dei dati e capacità di elaborazione avanzata. Questa configurazione la rende ideale per applicazioni professionali che richiedono dettagli estremamente elevati, come la fotografia commerciale e la produzione video ad alta risoluzione. La Z6 III, d’altra parte, è dotata di un sensore CMOS BSI full-frame da 24.5 MP con una tecnologia parzialmente impilata e un processore EXPEED 7, come detto. Questo sensore, sebbene con una risoluzione inferiore rispetto alla Z8, offre prestazioni eccellenti in condizioni di scarsa illuminazione e una gestione del rumore ottimale, rendendola una scelta versatile per diverse situazioni fotografiche e video. Purtroppo Nikon non ha pensato di dotare la Z6 III della medesima tendina che c’è invece su Z8 e che serve a proteggere il sensore dalla polvere durante la sostituzione degli obiettivi. Un vero peccato, secondo me.

    La Z8 offre un sistema autofocus a rilevamento di fase con 493 punti di messa a fuoco, coprendo una vasta area del sensore. Supporta anche il riconoscimento di soggetti avanzato, compresi occhi, volti, animali e veicoli. È progettata per catturare immagini ad alta velocità con una raffica fino a 20 fps in RAW e 120 fps in modalità JPEG con una risoluzione ridotta, ideale per la fotografia sportiva e di fauna selvatica. La Z6 III è equipaggiata con un sistema AF a 273 punti, che, sebbene meno avanzato rispetto alla Z8, offre una messa a fuoco precisa e veloce. La velocità di scatto continuo è di 60 fps in modalità JPEG con risoluzione completa, che può essere incrementata a 120 fps in modalità APS-C.

    La Z8 utilizza un mirino elettronico (EVF) ad alta risoluzione da 9.44 milioni di punti, lo stesso della Z9, con una frequenza di aggiornamento di 120 Hz e una luminosità eccezionale. Questo EVF offre un’esperienza di visione fluida e dettagliata, essenziale per la composizione precisa e il lavoro in condizioni di luce variabile. Il mirino elettronico della Z6 III ha una risoluzione di 5.76 milioni di punti e una luminosità fino a 4000 nits, con una frequenza di aggiornamento di 60 Hz. Anche se meno risoluto rispetto a quello della Z8, offre comunque una visione chiara e luminosa, adeguata alla maggior parte delle esigenze fotografiche.

    La Z8 è progettata per la produzione video professionale, con capacità di registrazione video 8K fino a 60 fps e 4K fino a 120 fps. Supporta una vasta gamma di codec professionali, inclusi N-RAW e ProRes RAW, rendendola ideale per progetti video di alta qualità e produzione cinematografica. La Z6 III offre la registrazione video 6K e oversampling 4K fino a 60 fps. È in grado di registrare in diversi formati video professionali, inclusi ProRes RAW e H.265, il che la rende una scelta eccellente per videomaker che cercano un dispositivo compatto ma potente per la produzione di contenuti.

    La Z8 ha un corpo robusto e resistente agli agenti atmosferici, con una costruzione in lega di magnesio che garantisce durabilità e affidabilità in condizioni estreme. Ha un design ergonomico che favorisce l’uso prolungato in situazioni impegnative. Mi ha un po’ deluso il battery grip dedicato (MB-N 12), che trovo un poco sovradimensionato, tanto è vero che, una volta montato, la Z8 diventa più alta (e non di poco) della Z9. Decisamente migliore il battery grip commercializzato per la Z6 III, si integra meglio, a mio avviso. La Z6 III mantiene un design compatto e leggero, con una costruzione resistente agli agenti atmosferici e una protezione migliorata rispetto alla Z6 II. È più leggera della Z8, il che la rende più portatile e facile da maneggiare per i fotografi in movimento.

    Le note dolenti: con un prezzo che parte da circa 4.500 € (ma in questo periodo è in corso una campagna promozionale di Nikon che sconta direttamente al momento dell’acquisto 500 € e quindi arriviamo a 4.000 € tondi) la Z8 si posiziona come una fotocamera di fascia alta, destinata a professionisti che necessitano delle migliori prestazioni in ogni situazione. La Z6 III, con un prezzo di circa 2.900 € (sempre con garanzia Italia), rappresenta una scelta più accessibile per appassionati e professionisti che desiderano una fotocamera versatile e potente senza compromettere troppo il budget.

    In conclusione, la Nikon Z8 e la Nikon Z6 III offrono caratteristiche distintive che le rendono adatte a esigenze diverse. La Z8 è l’ideale per chi cerca la massima qualità e prestazioni professionali, mentre la Z6 III è una soluzione versatile per fotografi e videomaker che desiderano un ottimo equilibrio tra qualità, funzionalità e prezzo.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Nota: tutte le immagini dell’articolo sono mie, eccetto la foto di apertura, dove viene mostrato il sensore della fotocamera, che è tratta dal sito ufficiale Nikon Italia  © Nikon

  • Nikkor Z 24 mm f/1.7: piccolo e sorprendente.

    Nikkor Z 24 mm f/1.7: piccolo e sorprendente.

    Quando si tratta di fotografia, la scelta dell’obiettivo giusto può fare la differenza tra un’immagine mediocre ed una molto bella. Tra le molte opzioni disponibili sul mercato, il Nikkor Z 24 mm f/1.7 si distingue per la sua eccellenza ottica e le ottime prestazioni malgrado la costruzione relativamente economica ed il prezzo interessante.

    La genesi di questo mio acquisto è un tantino strana: cercavo una fotocamera compatta da tenere in tasca per tutte le evenienze (e anche per fare un po’ lo sborone snob); avevo pensato ad una Nikon Coolpix, modello a piacere, per questioni di abitudine ai menù di gestione ed ai files prodotti dalla casa nipponica. Però i miei desideri si sono scontrati con la realtà: difficilissimo trovarne una in condizioni decenti o, utopia, una nuova. Tutti gli annunci sui siti di vendita on line riguardavano fotocamere usate; ed io sarei anche stato disposto a considerarne una di questa categoria (cosa che veramente non faccio quasi mai) se non che la maggior parte di quelle desiderabili erano corredate da immagini di repertorio estratte dagli annunci pubblicitari dell’epoca di commercializzazione e quindi era impossibile valutarne le reali condizioni; le altre di cui i venditori avevano correttamente messo le foto reali erano conciate coma la pompa di benzina del famigerato video che gira sui social in questi giorni e quindi da scartare. Conclusione: visto che ho la Z50 (relativamente piccola), mi sono messo alla ricerca di un obiettivo di piccole dimensioni con un range di focale dai 24 ai 35 mm ed eccoci qui, Vostro Onore.

    Design e Costruzione

    Il Nikkor Z 24 mm f/1.7 è stato progettato con cura per offrire prestazioni ottimali in un formato compatto. Il suo design leggero e robusto lo rende ideale per l’uso quotidiano e per le avventure fotografiche in movimento. È luminoso (inusuale l’apertura f/1.7 per Nikon) ma non raggiunge i pesi proibitivi e le dimensioni di altri obiettivi con apertura simile.  La costruzione di buona qualità assicura durata nel tempo e una resistenza alle intemperie, consentendo ai fotografi di catturare immagini valide in qualsiasi condizione. Strano il paraluce: è conico, a vite, in plastica, leggerissimo, non aggiunge nulla al peso dell’obiettivo ed ha un qualcosa di indefinito che lo rende piacevole ed elegante.

    Prestazioni Ottiche

    Una delle caratteristiche interessanti del Nikkor Z 24 mm f/1.7 è la sua buona qualità ottica. L’ampia apertura massima di f/1.7 consente di catturare immagini luminose e dettagliate anche in condizioni di scarsa illuminazione, mentre il diaframma circolare a 9 lamelle produce un bokeh morbido e piacevole, ideale per ritratti e scatti creativi. Nitidezza, resistenza al flare, distorsione sono in linea con la classe del prodotto; soffre un pochino di aberrazione cromatica.

     

    Versatilità e Creatività

    Grazie alla sua lunghezza focale di 24 mm (equivalente DX di un 35 mm FX), questo obiettivo offre un’ampia prospettiva che cattura l’essenza di ogni scena. È l’obiettivo perfetto per la fotografia paesaggistica, architettonica, street photography e, osando un pochino, ritratti ambientati piacevoli, rivelandosi di fatto un obiettivo buono per tutte le stagioni, da montare su una fotocamera e da non togliere più. Senza dimenticare che la sua ampia apertura massima lo rende ideale per la fotografia con poca luce e per creare effetti artistici interessanti (non aspettatevi un bokeh con pallini perfettamente sferici, ma va bene ugualmente).

    Conclusioni

    In conclusione, il Nikkor Z 24 mm f/1.7 è un obiettivo decisamente interessante che unisce prestazioni ottiche eccellenti, design compatto e versatilità notevole. Che tu sia un fotografo professionista in cerca di strumenti di alta qualità o un appassionato che vuole portare la propria fotografia al livello successivo, questo obiettivo è sicuramente una scelta vincente.

  • Monopiede fotografico Refoni A304P

    Monopiede fotografico Refoni A304P

    Il Monopiede Fotografico Refoni A304P: leggerezza, stabilità e versatilità.

    Se sei un fotografo o un videomaker alla ricerca di un monopiede affidabile, il Refoni A304P potrebbe essere la tua scelta ideale. Ho deciso di acquistarlo recentemente in sostituzione di un monopiede Manfrotto molto valido sotto tutti gli aspetti ma con il difetto (naturalmente in considerazione delle mie esigenze) di avere una piccola testa con un solo movimento possibile e, soprattutto, con un attacco proprietario Manfrotto e non con un attacco Arca-Swiss, ormai quello in assoluto più diffuso e che anch’io attualmente adotto per tutti gli attacchi. In questo articolo, esploreremo le caratteristiche chiave di questo monopiede in alluminio e come può rendere agevole l’esperienza di scatto o ripresa.

    Caratteristiche Principali del Monopiede Refoni A304P:

    • Materiali leggeri: il Refoni A304P è realizzato in alluminio, rendendolo leggero e facile da trasportare. Questo è particolarmente vantaggioso per i fotografi che desiderano attrezzature leggere e poco ingombranti per le loro avventure fotografiche oppure per tutti coloro che desiderano avere un punto di appoggio decente, che non sia la schiena dell’amico, in luoghi in cui è proibito utilizzare il treppiede, tipo musei, chiese e luoghi frequentati dal pubblico in genere.

    • Testa a sfera integrata: la testa a sfera offre una rotazione fluida della fotocamera. È possibile cambiare facilmente l’orientamento senza dover regolare manualmente il monopiede. Inoltre, la testa a sfera offre stabilità anche quando si utilizzano attrezzature relativamente pesanti. Come già detto sopra, un plus è l’attacco tipo Arca-Swiss, ormai il più diffuso. Nella confezione che ho ricevuto sono comprese anche due piastre da avvitare sul fondo della fotocamera o su di un flash, per esempio.

    • Altezza regolabile: il monopiede Refoni A304P può essere regolato ad una altezza minima di 72 cm fino a raggiungere una altezza massima di 183 cm. Questa versatilità ti consente di catturare angoli diversi senza dover portare un treppiede ingombrante. Per modificare l’altezza del monopiede si apre uno dei tre ganci che bloccano le tre sezioni. Personalmente mi fermo a due sezioni, per due motivi essenziali: non sono un gigante e inoltre con le tre sezioni aperte il monopiede diventa, a mio giudizio, un pelo ballerino e questa è una cosa che non desideriamo affatto, quando scattiamo una foto.

    • Piedini di supporto rimovibili: i piedini di supporto offrono stabilità aggiuntiva quando si scatta su superfici irregolari o in condizioni ventose. Inoltre, possono essere rimossi per utilizzare il monopiede come treppiede da tavolo. Operazione un pelo macchinosa (occorre svitare, con una delle brugole comprese nella confezione, due piccole viti alla base del monopiede che rendono solidale l’asta vera e propria con la parte che comprende i piedini) ma con un poco di pazienza si può ottenere un piccolo treppiede, su cui è possibile avvitare la stessa testa a sfera del monopiede ed utilizzarlo come treppiede da tavolo per foto di cibo, piccoli oggetti e similari. Inoltre all’asta sganciata dai piedini è possibile avvitare un piedino in gomma (fornito anch’esso nella confezione) per avere un monopiede con il classico appoggio singolo a terra.

    • Capacità di carico: Il Refoni A304P può sopportare un carico massimo di 15 kg, secondo quanto dichiarato da libretto di istruzioni e dalla pubblicità; io mi fermerei un pelo prima, per una questione di sicurezza (nessuno desidera veder rotolare la propria fotocamera per un pendio) ed anche per una questione di stabilità: un peso ragionevole consente di ottenere una certa immobilità della fotocamera anche se (poi fate come volete) io una mano sull’asta del monopiede la tengo sempre. Questo significa che è possibile utilizzarlo con reflex digitali, fotocamere compatte e mirrorless in relativa sicurezza; se ci mettete sopra qualcosa di più grosso di un 24-70 mm o una medioformato, ricordatevi sempre della famosa mano di cui si parlava sopra, soprattutto se la giornata è ventosa o se fotografate in un quartiere malfamato.

    • Design compatto: il monopiede chiuso ha una lunghezza di circa 70 cm ed è possibile riporlo nella comoda sacca, fornita di manici e tracolla, che viene fornita con tutto il resto, vale a dire brugole di diverse misure, piedino in gomma da avvitare all’asta per farlo diventare un monopiede classico, riduzione con vite di attacco 3/4, libretto di istruzioni in cinese mandarino (scherzo, anche in inglese), cinghia tracolla.

    Perché Scegliere il Monopiede Refoni A304P?

    • Versatilità: Grazie alla sua altezza regolabile e ai piedini di supporto, il Refoni A304P si adatta a diverse situazioni di scatto. È perfetto per ritratti, paesaggi e fotografia sportiva. E, con asta sganciata e spostamento della testa a sfera diventa, come detto, un piccolo treppiede da utilizzare ovunque, anche per riprese rasoterra.

    • Qualità costruttiva: l’alluminio è noto per la sua resistenza e durata. Il Refoni A304P è costruito per durare nel tempo, anche con un uso intensivo. Naturalmente vi saprò dire fra un po’ di tempo se ci saranno problemi. Perché è vero che l’alluminio sembra decisamente robusto, ma il mio timore riguarda sempre snodi, cerniere e i movimenti della testa a sfera (timori applicabili a qualsiasi monopiede/treppiede, senza distinzioni di marca) e solo il tempo ed il campo renderanno veritiere le promesse.

    • Leggerezza: Con un peso di soli 1,35 kg, è possibile portare il monopiede ovunque si vada senza affaticarsi troppo. Se non si desidera utilizzare la sacca in cordura originale, è sempre possibile infilarlo in una delle tasche esterne dello zaino, tanto chiuso è veramente poco ingombrante.

    In conclusione, il monopiede fotografico Refoni A304P è una scelta eccellente per chi cerca stabilità, leggerezza e versatilità. E, nota a margine per fotografi e videomakers con il risvoltino: è anche carino con il suo colore nero di base e le finiture color arancio.

     

  • Impostazioni personali menù Nikon Z7

    Impostazioni personali menù Nikon Z7

    Senza la pretesa di essere definitivo e rammentando che sono scelte personalizzate in base alle mie esigenze di scatto, riporto di seguito le impostazioni operative della mia fotocamera Nikon Z7 che, sostanzialmente, sono valide anche per la Nikon Z7II così come Z6 e Z6II.

    Per la precisione è la configurazione che utilizzo per la fotografia di paesaggio e, ovviamente, quella dedicata alle foto faunistiche o quella adatta ai ritratti di persone sono un pochino diverse in alcuni parametri fondamentali.

    Cercherò di integrare questo testo con le varianti.

     

     

     

     

    Impostazioni Nikon Z7

    MENU RIPRODUZIONE

    Cancella

    Cartella di riproduzione – Tutte

    Opzioni di visualizzazione della riproduzione > Informazioni aggiuntive sulla foto >         Highlights

    Dati di ripresa

    Panoramica

    Nessuna

    Mostra foto scattata – No

    Dopo la cancellazione > Procedi come prima

    Dopo sequenza, mostra > Prima foto in sequenza

    Ruota foto verticali – OFF

    Slide show – –

    Classificazione

    MENU DI RIPRESA FOTO

    Reset menù di ripresa foto

    Cartella di memorizzazione – NCZ_7

    Nome file – Scegliere nome personale

    Scegli area immagine > FX

    Qualità dell’immagine > RAW

    Dimensione dell’immagine        > JPEG/TIFF > L

      > NEF (RAW) > RAW L

    Registrazione NEF (RAW)  > compressione NEF (RAW) > Senza compressione

          > Profondità di bit NEF (RAW) > 14 bit

    Impostazioni sensibilità ISO  > 64

    > Controllo automatico della sensibilità ISO – OFF

    Bilanciamento del bianco > Auto > A Luce naturale auto

    Impostazione Picture Control   > A Auto

        > Standard 

        > Nitidezza +4 

        > Nitidezza media +4 

        > Chiarezza +1

    > Monocromia  > Nitidezza +4

            > Nitidezza media +4 

            > Chiarezza +3

            > Contrasto +3 

            > Filtro effetti R

    Gestisci Picture Control

    Spazio colore > Adobe

    D Lighting attivo – OFF

    NR su esposizioni lunghe – OFF

    NR su ISO elevati – OFF

    Controllo vignettatura – N

    Compensazione della diffrazione – ON

    Controllo distorsione auto – ON (in grigio)

    Scatto con riduzione sfarfallio – OFF

    Misurazione esposimetrica – Matrix

    Controllo del flash (in grigio se non è collegato il WR-R10) 

    Modo flash (in grigio quando non c’è il flash nella slitta contatto a caldo)

    Compensazione flash 0. 0 (in grigio)

    Modo di messa a fuoco –  AF-S AF singolo

    Modo area AF – AF a punto singolo

    Riduzione vibrazioni – OFF

    Auto bracketing> AE

    Esposizione multipla – OFF

    HDR (high dynamic range) (in grigio)

    Riprese intervallate – OFF

    Ripresa time-lapse – OFF

    Ripresa con cambio messa a fuoco – OFF

    Fotografia silenziosa > ON

    MENU DI RIPRESA FILMATO

    Reset menù di ripresa filmato – –

    Nome file > BMP

    Scegli area immagine > FX

    Dimens./freq. fotogrammi – 2160/30

    Qualità filmato > ALTA (in grigio)

    Tipo file filmato > MOV

    Impostazioni sensibilità ISO 

    > Sensibilità massima > 6400

    > Controllo ISO automatico (modalità M) > OFF

    > Sensibilità ISO (modalità M) > 64

    Bilanciamento del bianco > Auto luce naturale

    Imposta Picture Control > SD

    Gestisci Picture Control > – – –

    D-Lighting attivo > OFF

    NR su ISO elevati > OFF

    Controllo vignettatura –  OFF

    Compensazione della diffrazione – ON

    Controllo distorsione auto (in grigio)

    Riduzione dello sfarfallio > Auto

    Misurazione esposimetrica – Matrix

    Modo messa a fuoco – MF

    Modo area AF (in grigio)

    Riduzione vibrazioni – ON SPT

    VR elettronico – OFF

    Sensibilità microfono > Sensibilità manuale > 10

    Attenuatore > OFF

    Risposta in frequenza > WIDE

    Attenuazione vento > ON

    Volume cuffie > Sensibilità manuale >10

    Timecode —

    MENU PERSONALIZZAZIONI

    Reset personalizzazioni —

    a Autofocus

    a1* Selezione priorità AF-C > Messa a fuoco

    a2 Selezione priorità AF-S > Messa a fuoco

    a3* Focus Tracking + Lock-On > Scatto bloccato Risposta AF > 4

    a4* Ril. Volto/occhi NO

    a5 Punto AF usato > TUTTI

    a6* Mem. punti con orientamento > ON

    a7* Attivazione AF > OFF

    a8 Limita selez. modo area AF

    a9* Inclusione punti AF > ON

    a10* Opzioni punto AF > Modalità di messa a fuoco manuale > OFF

          > Assistenza area dinamica > ON

    a11* AF con scarsa illuminazione – ON

    a12 Illuminatore AF incorporato – ON

    a13 Anello messa a fuoco mn. AF – ON (appare solo quando è montato l’obiettivo Z con la ghiera di messa a fuoco)

    b Misurazione/esposizione

    b1 Step EV in esposizione > 1/3

    b2 Comp. Agevolata esposiz. – OFF

    b3 Area ponderata centrale – (●)12

    b4 Regolaz. Fine esposimetro – –

    c Timer/Blocco AE

    c1 Pulsante di scatto AE-L > OFF

    c2 Autoscatto – –

    c3* Ritardo spegnimento          > Riproduzione 20s

    > Menu 1m

    >Rassegna delle immagini 10s

    >Tempi di standby Illimitati

    d Ripresa / Display

    d1 Vel. Scatto modo seq. CL > 3 fps

    d2 Limite scatto continuo > 200

    d3 Opzioni modo di scatto sincro

    d4 Esposizione posticipata > 3s

    d5 Tipo otturatore > Otturatore a prima tendina elettronica

    d6* Limita area imm. selezionabile        >FX

           >DX

    d7 Numerazione sequenza file > ON

    d8* Applica impostazioni al live view > OFF

    d9 Mostra reticolo > OFF

    d10* Alte luci peacking > Livello di picco > 3

    > Colore di evidenziazione del picco > Y

    d11 Visualizza tutto in mod. continua > ON

    e Bracketing / flash

    e1* Tempo sincro flash > 1/200*

    e2*Tempo di posa flash > 1/2

    e3* Compens. Esposizione flash > Solo sfondo

    e4* Controllo automatico ISO > Solo soggetto

    e5 Lampi flash pilota > ON

    e6 Auto bracketing (modo M) > Flash/velocità

    e7*Ordine bracketing > Sotto>MTR>Sopra

    f Controlli

    f1* Personalizza menù i >Controllo immagine >WB>d >d+/- >Modalità di scatto>Modalità area AF

    AF/MF > Espansione multipla>Foto silenziosa>Bluetooth>Applica le impostazioni alla visualizzazione live>Splitscreen

    f2* Assegnaz. Contr. Personalizz.           > Fn1 > Riproduzione

          > Fn2 > Griglia

          >AF-ON > AF-ON

          > Sottoselettore > Selezione punto di messa a fuoco

          > Sottoselettore centrale > Selezione del punto di messa a fuoco centrale

          > Pulsante di registrazione filmati > Scelta dell’area dell’immagine

          > Pulsanti funzione di messa a fuoco dell’obiettivo > Solo blocco AF

          > Anello di controllo dell’obiettivo > Nessuno

    f3 Pulsante OK

    f4 Blocca tempo e diaframma – –

    f5* Personalizzazione ghiere      > Rotazione inversa > Compensazione dell’esposizione

        > Cambia principale/sub > Impostazione dell’esposizione > OFF

        > Impostazione della messa a fuoco automatica > OFF

        > Menu e riproduzione > ON

        > Avanzamento dei fotogrammi del quadrante secondario > 10

    f6 Press. Pulsante uso ghiera > OFF

    f7 Inverti indicatori > – 0 +

    g Filmato

    g1 Personalizzaza menu i

    g2* Assegnaz. Contr. Personalizz. > Fn1 > Apertura diaframma (aperto)

    > Fn2 > Apertura diaframma (chiusura)

    >Pulsante AF-ON > AF-ON

    > centro del sottoselettore > blocco AE/AF

    > Sblocco dell’otturatore > Registrazione di filmati

    > Ghiera di controllo dell’obiettivo > Compensazione dell’esposizione

    g3 Pulsante OK – RESET

    g4* Velocità di AF +5

    g5* Sensibilità di inseguimento AF 7

    g6 Visualizzazione alte luci (grigio)

    MENU IMPOSTAZIONI

    Formatt. card di memoria – –

    Salva impostazioni utente —

    Ripristina impostazioni utente —

    Lingua > Italiano

    Fuso orario e data – Berlino

    Luminosità del monitor – 0

    Bilanciamento colore monitor –

    Luminosità  mirino –1

    Bilanciamento colore mirino

    Luminosità del pannello di controllo — 4

    Selezione modalità monitor limite –

    Visualizzazione informazioni W

    Regolazione fine AF – –

    Dati obiettivo non CPU – No.1

    Pulizia del sensore immagine > Pulizia automatica > Pulizia allo spegnimento

    Foto di rif. della polvere dell’immagine – – (in grigio)

    Commento immagine – OFF

    Informazioni sul copyright – ON

    Opzioni segnale acustico – –

    Controlli tattili > ON

    HDMI > Risoluzione di uscita > Auto

      > Avanzato

      > Gamma di uscita > Auto

      > Controllo registrazione esterna > ON

      > Profondità dati in uscita > 10

      > Impostazione N-Log > ON

      > Assistenza alla visualizzazione > ON

    Dati di localizzazione –

    Opzioni del telecomando wireless (WR) – – (in grigio)

    Assegnazione del tasto Fn del telecomando (WR) > AF-ON

    Modalità aereo > OFF

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  • Treppiede Artcise AS95C

    Treppiede Artcise AS95C

    Un gigante fra i treppiedi, con qualità e ottime prestazioni. Ad un prezzo contenuto.

    Poiché avevo carenza di treppiedi (…) mi sono fatto ingolosire da un bestione che ho visto su internet, di provenienza cinese ma, almeno a giudicare dalle prime impressioni d’uso, con caratteristiche decisamente conformi a più blasonati – e costosi – tripodi.

    Sto parlando del treppiede Artcise AS95C, veramente una piacevole sorpresa sotto diversi punti di vista. Si tratta di un treppiede stabile e robusto come, per esempio, il Manfrotto 055 in alluminio (che già possiedo ma che non mi azzardo più a portare fuori di casa, con somma gioia della mia schiena) però più leggero, decisamente più alto alla massima estensione ed in grado di portare una testa di generose dimensioni.

    Le proporzioni con la fotocamera (Nikon Z50 e Nikkor 14-30)

    Brevemente, queste sono le sue caratteristiche:

    – gambe in 4 sezioni in fibra di carbonio, la maggiore è 40 mm di diametro (!), estendibili con fermi a rotazione gommati; piedini di gomma sostituibili in caso di necessità con piedini in metallo a punta presenti nella confezione;

    – le gambe sono posizionabili con diverse inclinazioni ed il treppiede può essere aperto totalmente, arrivando praticamente rasoterra, con unica altezza utile quella della testa fotografica più una decina di centimetri;

    Il treppiede con tutte le quattro sezioni aperte

    – altezza massima 208 cm (con colonna centrale a due sezioni di 40 mm estratta); non ci arrivo nemmeno se salto, ma è indubbiamente utile in determinate situazioni poter disporre di una “giraffa” simile;

    – utilizzabile con una base di livellamento da 75 mm facile da installare e di una notevole comodità o, in alternativa, con una crociera standard in alluminio, forata per alleggerire il peso, con un gancio sottostante a cui è possibile appendere lo zaino o un peso qualsiasi per una maggiore stabilizzazione del treppiede e con fori dedicati a viti passanti che bloccano la testa;

    – c’è in dotazione anche una colonna centrale, sempre in carbonio, suddivisa in due sezioni estendibili e la cui unica pecca (ma è un particolare di poco conto) è la mancanza di un gancio simile a quello della crociera in alluminio a cui poter appendere borse e accessori; ho risolto facilmente acquistando a parte un gancio da avvitare, con pochissima spesa;

    – il treppiede viene consegnato con diversi accessori, alcuni dei quali veramente utili, come la rete di carico da appendere fra le tre gambe e comodissima per mettere oggetti d’uso o semplicemente un peso per stabilizzare ulteriormente il treppiede stesso; c’è una sacca in cordura che contiene il treppiede ripiegato con montata la testa fotografica; ci sono altri accessori come i sopracitati piedini in metallo appuntiti, brugole di regolazione, viti di bloccaggio e anche un braccetto da avvitare a cui collegare accessori vari fra cui un porta-cellulare (anch’esso fornito nella confezione) per fotografi con il risvoltino (scusate, questa mi è scappata, sono una bestia, lo so);

    – il costruttore dichiara una portata massima di 40 kg e, sinceramente, faccio fatica a non credergli: il treppiede sembra veramente una roccia.

    La sezione maggiore delle gambe del treppiede

    Solo per informazione: toccate con mano caratteristiche più che interessanti e la qualità costruttiva, mi sono fatto ingolosire ed ho acquistato anche la testa a sfera della stessa casa produttrice cinese, la Artcise XB54 da 54 mm, decisamente proporzionata per essere montata sulla generosa crociera. Anche qui le prime impressioni sono positive ma, sempre tenendo a mente il motto della nonna “Scopa nuova pulisce sempre bene”, aspetto di usarla intensamente prima di promuoverla.

    Il dispositivo di sblocco delle sezioni

    Insomma, in sintesi, sembra decisamente un gran bel treppiede (anche dal punto di vista estetico), con caratteristiche da pro ma con costi decisamente inferiori (stiamo parlando di quasi 1/5 del costo della marca più famosa fra i fotografi). Ovviamente occorre aspettare il verdetto del giudice supremo, la prova sul campo: solo l’utilizzo nel corso del tempo e alle condizioni usuali per il suo impiego, fango o polvere, umidità, freddo gelido, qualche botta involontaria, potrà stabilire se le ottime promesse verranno mantenute.

     

     

     

     

     

     

    Il gancio della colonna centrale acquistato a parte.
    Il generoso portaoggetti in rete
    Il dispositivo di variazione di inclinazione delle gambe
    La testa Artcise XB54

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ARTCISE AS95C TRIPOD

    A giant among tripods, with quality and excellent performance. At an affordable price.

    Since I had a shortage of tripods (…) I was intrigued by a behemoth I saw on the Internet, of Chinese origin but, at least judging by the first impressions of use, with characteristics decidedly in line with more emblazoned – and expensive – tripods.

    I am talking about the Artcise AS95C tripod, truly a pleasant surprise in several respects. It is a stable and sturdy tripod like, for example, the Manfrotto 055 in aluminium (which I already own but which I no longer dare to take out of the house, to the joy of my back) but lighter, decidedly higher at maximum extension and able to carry a generously sized head.

    Briefly, these are its features:

    – legs in 4 carbon fibre sections, the largest being 40 mm in diameter (!), extendable with rubberized rotation stops; rubber feet that can be replaced if necessary with pointed metal feet included in the package;

    – the legs can be positioned at different angles and the tripod can be opened fully, reaching practically to the ground, with the only useful height being that of the camera head plus about ten centimetres;

    – maximum height 208 cm (with two-section 40 mm centre column extracted); I can’t even reach it if I jump, but it is undoubtedly useful in certain situations to have a similar ‘giraffe’;

    – it can be used with a 75 mm levelling base that is easy to install and of considerable convenience or, alternatively, with a standard aluminium cruiser, drilled to lighten the weight, with a hook underneath on which you can hang your rucksack or any weight for greater stabilisation of the tripod, and with dedicated holes for through-bolting screws that secure the head;

    – there is also a central column, also made of carbon, divided into two extendable sections and whose only flaw (but it is a minor detail) is the lack of a hook similar to the one on the aluminium crossbar from which to hang bags and accessories; I easily solved this by purchasing a hook to screw in separately, at very little expense;

    – the tripod is delivered with several accessories, some of which are really useful, such as the loading net to hang between the three legs and very convenient for placing objects or simply a weight to further stabilise the tripod itself; there is a cordura bag that holds the folded tripod with the camera head mounted; there are other accessories such as the aforementioned pointed metal feet, adjusting screws, locking screws and even a screw-on arm to which various accessories can be attached, including a mobile phone holder (also included in the package) for photographers with lapels (sorry, that one slipped out, I’m a beast, I know);

    – the manufacturer claims a maximum load capacity of 40 kg and, frankly, I find it hard not to believe him: the tripod really does look like a rock.

    Just for information: having seen the more than interesting features and the build quality, I was intrigued and also bought the ball head from the same Chinese manufacturer, the 54 mm Artcise XB54, which is very well-proportioned to be mounted on the generous cruiser. Here too, first impressions are positive but, always keeping in mind grandma’s motto ‘new broom always cleans well’, I wait to use it intensively before promoting it.

    In summary, it definitely looks like a great tripod (also from an aesthetic point of view), with pro features but at a much lower cost (we are talking about almost 1/5 of the cost of the most famous brand among photographers). Obviously we must wait for the verdict of the supreme judge, the field test: only use over time and under the usual conditions for its use, mud or dust, humidity, freezing cold, a few unintentional bumps, will be able to establish whether the excellent promises will be kept.

  • il grande rifiuto – Cinque anni dopo

    il grande rifiuto – Cinque anni dopo

    “Solo gli stolti non cambiano idea” ma è passato un lustro e questo lasso di tempo, in campo fotografico digitale, equivale ad una eternità.

    Nell’agosto del 2016, di ritorno da un periodo di vacanza in montagna in cui avevo portato con me solo una mirrorless Olympus micro 4:3 e non la “solita” attrezzatura reflex, scrivevo su queste pagine:

    “In futuro cambierò l’attuale attrezzatura DSLR? Non credo proprio (volevo scrivere “manco morto” ma era decisamente fuori luogo), almeno nell’immediato. Piuttosto mi accomoderò sulla riva del fiume ed aspetterò sviluppi da mamma Nikon, un po’ per partito preso ed un po’ perché, malgrado il sistema micro 4:3 sia molto evoluto, la disponibilità e la varietà (mi sparate se dico anche la qualità?) di obiettivi del sistema 35mm è tutt’ora ineguagliata. Inoltre: non ho le mani come badili, ma mi trovo a disagio con una fotocamera ammirevolmente dotata di numerosi controlli fisici sul corpo ma che faccio fatica a settare “alla cieca”; se dovesse uscire una mirrorless con il corpo macchina di una full frame, beh, sarò il primo ad interessarmene.”

    Ecco, rileggendo questo passo a distanza di cinque anni, debbo dire che ero stato parecchio categorico ma, ugualmente, avevo lasciato aperto uno spiraglio, indicando a grandissime linee quali erano i miei desiderata al riguardo.

    Nikon Z7 – Nikkor Z 14-30 f/4 S – 1,5″ f/11 ISO 64

    Con il senno di poi, direi che sono stato ampiamente accontentato: sono state messe in commercio da “mamma Nikon” fotocamere mirrorless full frame, la Nikon Z7 e la Z6, con caratteristiche per me decisamente interessanti (alcune sorprendenti) e soddisfacenti, non ultimo il corpo macchina di dimensioni adeguate e con tutti i controlli analogici a portata di mano come sulle DSRL utilizzate fino a poco prima (D850 e D500). E non solo: anche il segmento del formato ridotto (il cosiddetto DX, per Nikon) è stato movimentato con alcune fotocamere (Z50 e Zfc) probabilmente immature e “servite” in modo inadeguato dal parco obiettivi DX ma, comunque, testimonianza che si sta lavorando per poter offrire al fotografo che ha deciso di scegliere Nikon soluzioni promettenti in prospettiva.

    Ma quali sono, alla fine, le caratteristiche nel nuovo segmento di fotocamere digitali che mi hanno convinto a fare il salto?

    Dei corpi macchina di adeguate dimensioni ho già detto, anche se questo aspetto è applicabile essenzialmente alle due full frame, ovvero la Z6 e la Z7 versione I e II, mentre invece le DX un po’ piccolotte lo sono, anche se dopo aver provato la Z50 posso dire che mi aspettavo di peggio; sono curioso di mettere le mani su una Z9, che ha tutte le probabilità di diventare una game changer.

    Altra peculiarità che mi ha convinto è stata, e questo è quasi banale, l’assenza dello specchio. Fotografando paesaggi, soprattutto in carenza di luce (cioè pressoché sempre, perché alba e tramonto non sono note per la loro luminosità) era obbligatorio confidare nella sacra trinità treppiede/specchio alzato/scatto remoto proprio per mitigare le vibrazioni indotte dall’alzarsi ed abbassarsi dello specchio della reflex, che potevano generare micromosso. Ora lo specchio non c’è più, lo scatto remoto ed il treppiede si usano solo quando si vogliono ottenere fotografie da lunga esposizione e a questo occorre anche aggiungere che le Nikon Z hanno la stabilizzazione sul sensore e non più sugli obiettivi, garantendo una “sicurezza” di scatto precedentemente inimmaginabile.

    Nikon Z50 – Nikkor 500 PF f/5.6 – 1/160″ f/5.6 ISO 800

    Non parliamo, poi, della foto naturalistica. Anzi, parliamone. A me piace moltissimo ritrarre gli uccelli, in particolare i passeracei; prima, quando un amico pennuto decideva di posarsi sul ramo davanti a me, accuratamente scelto o preparato in precedenza, avevo il tempo materiale per tre foto a raffica, perché poi il rumore dello specchio e dell’otturatore facevano volar via il soggetto; ora, come detto, senza specchio e con lo scatto elettronico, sono libero di scattare quanto voglio o, almeno, fino a che è il soggetto che decide di andarsene. Ed anche in questo caso, non essendoci il movimento su-giù dello specchio e la stabilizzazione efficacissima, posso permettermi tempi di scatto non elevatissimi, pur utilizzando l’adorato Nikkor 500mm PF che non è propriamente un pancake.

    Altro aspetto peculiare delle mirrorless è il mirino, non più ottico ma elettronico, praticamente un piccolo monitor a cui appoggiare l’occhio e da cui non toglierlo più per visualizzare l’LCD; il mirino elettronico ha la capacità di mostrare esattamente ciò che il sensore sta registrando, fornendo informazioni istantanee al fotografo per quanto concerne         esposizione, contrasto e, ovviamente, composizione, senza contare altre informazioni utilissime come dati di scatto, livella elettronica e così via. Caratteristiche, queste, utilissime in paesaggistica ma, a maggior ragione, in naturalistica, dove qualsiasi movimento del corpo, compreso lo spostare l’occhio dal mirino all’LCD per controllare la foto scattata può mettere in allarme la “preda” della caccia fotografica. Rimangono da migliorare alcuni aspetti, su tutti il mirino oscurato durante una raffica di scatti.

    Vogliamo poi parlare della taratura delle lenti? Una pratica costante, soprattutto nei teleobiettivi medi e lunghi, era verificare ed eventualmente calibrare il più esattamente possibile l’autofocus per evitare problemi di front o back focus. Non è più necessario, ora la messa a fuoco avviene direttamente sul sensore. E, a proposito di lenti: quelle native per il sistema Z della Nikon surclassano sotto molti aspetti le loro corrispondenti del sistema F e, da sole, sarebbero già un valido motivo per passare al sistema mirrorless Nikon senza pensarci un attimo (esperienza personale: il trittico di zoom 14-24, 24-70 e 70-200 f/2.8 è migliore dello stesso trittico con attacco F e, da ciò che leggo in giro, anche di parecchi fissi delle case concorrenti). D’accordo, manca qualche obiettivo – soprattutto i lunghi teleobiettivi – per essere a pieno regime, ma anche in questo caso i lavori procedono celermente ed il calendario di uscita delle nuove lenti si arricchisce di giorno in giorno. Senza dimenticare che, grazie all’adattatore Nikon FTZ (ora giunto alla seconda versione più “magra”) è ancora possibile montare sulle mirrorless Nikon tutte le lenti Nikkor prodotte fino a alcuni decenni prima, sacrificando solo nel caso delle lenti più datate alcuni automatismi.

    Allora va tutto bene? Non proprio, ci sono ancora alcuni aspetti in cui le fotocamere Nikon mirrorless devono recuperare terreno rispetto alle ammiraglie reflex e ad altri prodotti top delle case concorrenti: mi riferisco in particolare all’AF continuo da utilizzare nella fotografia di azione (sport, naturalistica); ed anche il riconoscimento viso/occhi che è stato implementato con grandi risultati nel ritratto di persone è abbastanza acerbo per quanto riguarda la fotografia di animali.

    Detto tutto ciò, non mi resta che recitare il mea culpa per le posizioni un filo intransigenti assunte qualche anno fa e guadare con ottimismo al futuro. Come detto sopra, proprio in questi giorni viene commercializzata la prima ammiraglia mirrorless Nikon, la Z9, che ha tutte le carte in regola per diventare un termine di paragone assoluto per il futuro prossimo e per chiunque produca fotocamere.

    Nikon Z6 – Nikkor Z 70-200 f/2.8 – 1/125″ f/3.2 ISO 3200
  • Lana Merino, una trama coinvolgente.

    Lana Merino, una trama coinvolgente.

    A volte ritornano. Anzi, ultimamente, accade sempre più spesso. Mi riferisco a materiali per l’abbigliamento caduti in disuso, soppiantati dalle più economiche e performanti (dicono) fibre sintetiche.

    A volte ritornano, dicevo. È il caso della lana per l’abbigliamento da escursione.

    Fino ad alcuni decenni fa la lana è stato il materiale di base per l’abbigliamento outdoor, se non altro per quanto riguarda lo strato di abbigliamento intermedio e quello esterno impermeabile. Ed il motivo è presto detto: di tutti i materiali a disposizione prima della comparsa delle fibre sintetiche, la lana si è sempre distinta per la sua capacità di termoregolazione. In pratica la struttura delle fibre della lana è tale da permettere agli indumenti tessuti con questo materiale di formare delle microcamere che trattengono l’aria a contatto con il corpo, creando di fatto una barriera isolante rispetto all’ambiente esterno, sia quando è più freddo che quando è più caldo.

    Ecco perché sono sempre stati funzionali i vecchi maglioni di lana alle nostre latitudini per difenderci dal freddo ma, allo stesso tempo, anche popoli che vivono nei territori desertici, come i Tuareg, hanno utilizzato gli indumenti in lana per proteggersi dal caldo.

    Non bisogna poi scordare che la lana ha anche la caratteristica di avere una elevato potere assorbente dell’umidità, evitando l’insorgere del terribilmente fastidioso “effetto bagnato” degli indumenti in cotone o di altre fibre naturali, grazie alla struttura delle sue fibre, che sono in grado di incorporare al proprio interno una quantità d’acqua pari ad 1/3 del proprio peso specifico, mantenendo la superficie asciutta e quindi salvaguardano la capacità di termoregolazione dell’indumento (si dice che la lana è igroscopica).

    Perché la lana è caduta in disuso per l’abbigliamento tecnico, allora? Indubbiamente un fattore può essere stato la leggerezza. I nuovi capi tecnici in nylon o in pile sono più leggeri e meno ingombranti, a parità di capacità isolante; senza contare che non trattenendo l’acqua, sotto la pioggia non si appesantiscono e asciugano molto più rapidamente. Altro fattore determinante può essere stato quello relativo ai costi produttivi, che hanno reso più conveniente l’acquisto di capi sintetici anche, se, a dire il vero, quando ci si avvicina a determinati prodotti altamente performanti, il conto in banca ha un sussulto.

    Sembrava definitivamente tramontata l’era della lana nel trekking ma negli ultimi anni abbiamo assistito ad una inversione di tendenza: bandita dai primi due strati di protezione, la lana è tornata a far valere le proprie ragioni proprio dove non ce lo saremmo mai aspettato: lo strato intimo (maglie, calzettoni e calzamaglie). Premetto che io sono sempre stato un odiatore seriale delle maglie o delle calze di lana a diretto contatto con l’epidermide e, pur non avendo problemi specifici di ipersensibilità, non ho mai sopportato il suo contatto ruvido con la pelle. Ma è stata la scoperta dei capi tecnici prodotti in lana Merino a farmi cambiare idea. La lana Merino è un tipo di lana dalle fibre così fini da cedere a contatto con la pelle senza generare alcuna sensazione di fastidio. Risolto il problema principale, il resto è stato tutto in discesa: l’elevata capacità igroscopica permette alla pelle di rimanere asciutta a contatto con il tessuto perché il sudore viene trasferito agli strati esterni dell’abbigliamento; inoltre, fatto assolutamente non trascurabile, la lana è naturalmente antibatterica, al contrario delle fibre sintetiche che sono vere e proprie incubatrici di batteri, e evita per molto tempo l’insorgere di cattivi odori; infine l’elevata elasticità delle fibre di lana assicura una elevata vestibilità degli indumenti intimi. Rimane il lato economico: un buon indumento in lana Merino ha un costo non trascurabile e, proprio per questo motivo, mi sono guardato un po’ in giro per trovare un prodotto che avesse le caratteristiche che ho elencato sopra ma avesse, nel contempo, un prezzo abbordabile.

    Ho scoperto, quasi per caso, un rivenditore austriaco, Alpin Loacker ( sito web di Alpin Loacker ) che ha in catalogo alcuni indumenti essenziali (magliette a maniche corte e lunghe, calze, fasce per il collo e cuffie, sia per uomo che per donna) veramente validi, che rispettano tutte le aspettative di chi li indossa e, anzi, riescono ancora a sorprendere per la loro morbidezza e vestibilità. Le maglie hanno una diversa grammatura della fibra a seconda che si tratti di un indumento estivo o invernale e, seppur non avendo un gamma vastissima di colori, sono comunque molto piacevoli anche esteticamente. Le calze le ho testate negli scarponi durante una lunga escursione in montagna ed al ritorno i piedi erano asciutti e senza “effetti speciali” indesiderati. Lo scaldacollo e la cuffia semplicemente li adoro.

    Sono sincero: da quando ho provato la prima maglietta, acquistata in esemplare unico per togliermi lo sfizio di provare se era vero quanto si diceva, non l’ho più abbandonata e, anzi, ho provveduto ad acquistarne altre, unitamente agli altri prodotti di cui parlavo prima. Oltre a ciò devo confessare che non uso questi indumenti unicamente come abbigliamento tecnico ma anche nella vita di tutti giorni, come indumenti “normali”. Ed anche l’esame “estate padana” (caldissima ed umida) è stato superato a pieni voti: è incredibile come questi indumenti possano regalare una sensazione di freschezza anche a luglio nella Bassa, assorbano il sudore e riescano ugualmente a non emanare cattivi odori, al contrario delle magliette sintetiche o quelle in cotone, anche se commercialmente blasonate.

  • La fotografia ai tempi del colera

    La fotografia ai tempi del colera

     

    Come è andata, con la fotografia, al tempo del Covid-19? 

    Spoiler: male, malissimo.

    D’accordo, ho rubacchiato il titolo pensando al romanzo di Màrquez, ma credo ci possa stare. Cosa è successo in questi mesi, problematici come non mai da qualsiasi punto di vista, alla mia fotografia? Come ho sopperito alla impossibilità di uscire per scattare foto a causa della quarantena forzata imposta dall’emergenza Covid-19?

    Male, decisamente male.

    E’ vero che gli stimoli visivi in un ambiente che si conosce a memoria non possono essere allettanti, ma se si desidera far lavorare l’otturatore, qualcosa si trova sempre, in qualsiasi condizione e luogo, propria abitazione compresa. Ed invece no, è stato un disastro, per una serie di concause materiali e morali diverse.

    Mi sono dedicato alla fotografia naturalistica – un pochino addomesticata, a dire il vero – ritraendo gli amici pennuti che frequentano il giardino ma non è stata una grande esperienza per svariati motivi: la mancanza di soggetti prima di tutto perché, escluse le meravigliose cinciallegre che hanno pensato bene di mettere su famiglia nella siepe e di cui ho avuto il privilegio di fotografare i nuovi arrivati, tutti gli altri sono “emigrati” verso campagna e boschi, come è giusto che sia in questo periodo; senza contare che l’abbondanza di vegetazione sugli abituali rami di posa mi precludeva di fatto lo scatto in parecchie occasioni.

    Ho cercato di virare verso la macro ma, siccome io con la roba con meno di due o con più di quattro gambe non ci vado molto d’accordo – questione di pelle – ho desistito subito, rinunciando a priori anche a gocce che cadono nelle bacinelle, città costruite con minuteria di ferramenta e sfondo improbabile, eccetera.

    Ho cercato di abbracciare la fotografia di strada – street photography, per quelli bravi semplicemente “street”, mi provoca l’orticaria solo a pronunciarlo – ma poiché le persone non potevano liberamente circolare a causa dei divieti, dal balcone di casa potevo solo fotografare la signora di importazione che fa regolarmente pisciare il suo cagnolino sul mio muretto di cinta.

    Non parliamo poi di foto architettonica: casa mia (e tutto il quartiere in cui abito) è stata costruita da una onesta e capacissima impresa artigiana locale che, però, con Le Corbusier non ha mai avuto punti di contatto.

    Sono arrivato, per disperazione, agli autoritratti ma, anche in questo caso, il soggetto è uno, indivisibile, inappetibile e ottenuti un paio di scatti buoni per aggiornare la biografia del sito internet o dei socials, la novità si è subitamente esaurita. Qui ho toccato il fondo, tengo a precisarlo.

    Qualche soddisfazione l’ho avuta, fortunatamente, dalle foto di fiori, visto che il periodo di chiusura totale (quando sento dire “lockdown” mi sale l’istinto omicida) è trascorso in concomitanza allo sbocciare della Primavera e, un po’ in giardino da me e un po’ in trasferta nei giardini dei vicini vestito a mo’ di chirurgo coronarico, qualcosa ho tirato fuori.

    Una cosa, però, l’ho realizzata chiaramente e tristemente: anche in chi, come me, non è artista ma semplice mestierante, la mancanza della libertà di scegliere dove-come-quando scattare, la condizione psicologica altalenante generata dai timori per il contagio, per il futuro prossimo, dalla percezione di dilettantismo (spero non cinico calcolo) da parte di chi avrebbe dovuto guidarci fuori dall’emergenza, da tutta una serie di fattori inesplorati e quasi mai piacevoli hanno provocato una aridità creativa mai provata, rendendo di fatto difficile scattare qualsiasi tipo di fotografia, anche la più scontata e tecnicamente semplice. Ed il riscontro di ciò l’ho avuto il primo giorno di uscita dopo la riapertura delle stalle: ho fatto un giretto in campagna (più di 150 metri da casa e addirittura fuori dal Comune di residenza!!!), ho scattato un paio di foto in leggerezza, senza pretese e senza pianificazione, così, per dare aria all’otturatore ma la foto ottenuta mi è piaciuta, mi ha dato la sensazione di essere mia, di appartenermi.

    Tutta un’altra vita, sotto ogni aspetto.

  • Piede alternativo a sgancio rapido Mengs NF-200

    Piede alternativo a sgancio rapido Mengs NF-200

    Una valida alternativa ai piedi originali dei teleobiettivi Nikon

    Sono diverse le scelte costruttive dei produttori di attrezzature fotografiche che possono risultare spiazzanti per il cliente finale, quello che paga, giusto ricordarlo. Alcune in modo eclatante, altre solo dal punto di vista della praticità, ma tutte un po’ incomprensibili a chi usa abitualmente queste attrezzature. Per limitarmi ai prodotti di “casa mia”, una delle cose che non ho mai capito appieno è la scelta di Nikon di usare per i suoi teleobiettivi piedi di supporto che non sono nativamente compatibili con lo standard Arca-Swiss, uno dei sistemi più diffusi ed utilizzati per agganciare macchine fotografiche ed obiettivi alle teste di vario tipo dei treppiedi.

    Piede alternativo a sgancio rapido Mengs NF-200

    Questa scelta ingegneristica costringe i possessori di teleobiettivi Nikon a dotarsi di piastre aggiuntive compatibili che vanno avvitate alla base del piede originale, aggiungendo di fatto peso, ingombro e introducendo la possibilità di sganci inattesi con il rischio di sbagliare la foto (se va molto bene) o di far cadere fotocamera e obiettivo a terra, con danni decisamente elevati. Per rimediare a questa mancanza, ci vengono in aiuto prodotti aftermarket commercializzati da diverse aziende ma con il comune denominatore di essere sempre economici e, abbastanza spesso, decisamente validi. Nel caso specifico mi riferisco al piede alternativo a sgancio rapido Mengs NF-200.

    Si può utilizzare con lo zoom 70-200mm ed il 500mm Nikon

    Gli unici obiettivi “lunghi” che posseggo ed uso spesso sono lo zoom Nikkor AF-S 70-200 mm f/2.8 G ED VR ed il tele Nikkor AF-S 500 mm f/5.6 E PF ED VR; entrambi hanno il piede descritto all’inizio che necessita di una piastra aggiuntiva per essere attaccato alla testa sia di tipo Arca-Swiss che proprietaria Manfrotto. La bella notizia è che i piedi originali sono facilmente smontabili a mezzo di una piccola manopola di serraggio e di un gancio di fermo sbloccabile a mezzo di una levetta a molla. E l’altra bella notizia è che, altrettanto facilmente, si può inserire il Mengs NF-200 al loro posto e renderlo solidale con il medesimo sistema di quello originale. L’ultima bella notizia è che questo modello di piede va bene per entrambi gli obiettivi. Questo prodotto mi sembra molto ben costruito: tanto metallo, manopola di serraggio fin troppo generosa, scanalatura Arca-Swiss eseguita bene e parti mobili decisamente ridotte al minimo e da usare solo una volta all’atto del montaggio, ingombro ridotto rispetto all’originale e finiture più che dignitose. Ovviamente mi riservo di integrare questa piccola recensione con note relative all’uso intensivo che farò prossimamente, ma già le prime impressioni sono decisamente buone. Il prezzo non ve lo dico perché lo stesso modello è venduto da diverse aziende a mezzo del noto colosso di vendite online e a prezzi a volte anche molto diversi ma, comunque, sempre ampiamente abbordabili.

     

     

  • Telecomando Photoolex T710N per Nikon Z7

    Telecomando Photoolex T710N per Nikon Z7

    Alternativa al telecomando Nikon MC-36a

    Ero alla ricerca di un telecomando (non ha importanza se con cavo o senza) che fosse funzionale per gli scatti con lunga esposizione e che potesse gestire i tempi di scatto più lunghi di 30”, quelli della modalità bulb, per intenderci. A dire la verità ho già fra la mia attrezzatura un telecomando di questo tipo, il Nikon MC-36a, che ha le funzioni di intervallometro, lunga esposizione (utilizzabile anche simultaneamente con l’intervallometro), autoscatto, esposizione a tempo e meccanismo di blocco scatto; purtroppo questo ottimo prodotto ha la peculiarità di poter essere utilizzato solo con determinate fotocamere (tipo la Nikon D850 o la D500): il connettore è del tipo a spina 10-pin e non è compatibile con la porta accessori della Nikon Z7, una sorta di usb in formato proprietario Nikon che si trova anche su altre fotocamere, tipo la D750. Ci sarebbe il bellissimo WR-1 ma, come spesso accade, ‘bellissimo’ fa rima con ‘costosissimo’ e non era mia intenzione investire troppo in un ennesimo accessorio di questo tipo.

    Photoolex T710N

    Spulciando il web, leggendo qua e là impressioni d’uso e caratteristiche operative, ho scelto di acquistare il Photoolex T710N, che ha le stesse modalità operative del Nikon MC-36a ma, a differenza del parente nobile, ha il tipo di connettore compatibile con la Nikon Z7, costa meno e promette di essere comunque un prodotto dignitoso. Come bonus da non sottovalutare, questo telecomando viene commercializzato con entrambe le versioni dei cavi per Nikon (10-pin e usb, per una lunghezza di 120 cm) ed esiste anche la versione per prodotti Canon e tutti, ovviamente, sono utilizzabili anche con fotocamere di altre marche che adottano le medesime connessioni. Esternamente si presenta un po’ come tutti i prodotti di questo tipo, la classica “saponetta lunga” (perdonatemi l’orribile similitudine), con un display lcd che può essere illuminato con una gradevole luce azzurrognola consentendone l’utilizzo al buio, condizione d’uso più frequente di quanto si pensi; sul corpo del telecomando sono presenti il pulsante di scatto che è anche possibile bloccare per non restare diversi minuti con un dito premuto sul pulsante stesso durante scatti molto prolungati, quello per attivare l’illuminazione, quello per avviare le funzioni di timing o scatti intervallati, singoli o plurimi, il tasto per il set delle funzioni e un joystick per scorrere tra le impostazioni. Dal telecomando parte poi il cavo, anzi i cavi perché, come detto, possono essere intercambiabili e da ciò si comprende che il cavo trasmissione dati non è solidale con il corpo del telecomando ma è ovviamente rimovibile grazie ad uno spinotto; entrambe le connessioni sono precise ed entrano senza sforzo negli alloggiamenti dei corpi macchina. Il Photoolex T710N funziona con due batterie stilo tipo AAA e mi raccomando di prestare attenzione al posizionamento nello zaino dell’accessorio ed ai lunghi periodi di inutilizzo perché non è presente un tasto di spegnimento, il telecomando rimane sempre attivo.

    Conclusioni

    Dal punto di vista costruttivo non è, e non può esserlo, granitico; ma, se si esclude lo sportellino del vano batterie che appare un poco debole, non è nemmeno un giocattolino. Il manuale delle istruzioni è solo in lingua inglese, ma l’uso del prodotto risulta comunque intuitivo. Naturalmente devo avere più tempo per testare affidabilità e durata dei materiali, ma durante le prove effettuate in condizioni proibitive (in giardino a fotografare fiori e con una bibita nell’altra mano) mi è parso funzionale e al momento soddisfa le mie esigenze.

  • Lensgo – Custodia schede memoria e batterie

    Lensgo – Custodia schede memoria e batterie

    Sto usando con soddisfazione questa custodia protettiva per schede di memoria e batterie della fotocamera: il Lensgo mod. D850 (“Coincidenze? Io non credo” cit.). Esistono in commercio da tempo le custodie protettive per le schede di memoria, ma non ne avevo mai vista una – fino ad ora – che potesse conservare e proteggere sia le schede che le batterie, oggetti entrambi preziosi (in tutti i sensi) ma facilmente smarribili o danneggiabili.

    Cosa è esattamente il Lensgo?

    Si tratta di una custodia rigida, in materiale plastico di buona qualità, con un bordo sigillante in silicone che impedisce la penetrazione di acqua o polvere e il cui interno in gomma morbida può alloggiare due batterie da 39x56x21 mm (le misure delle Nikon EN-EL15 che uso io) e fino a 14 schede di memoria fra CF, SD, TF e XQD, ovviamente in numero diverso a seconda del formato. Ci sono addirittura sul bordo due indicatori corrispondenti alle batterie alloggiate che ricordano lo stato di carica della batteria.

    Pur essendo così capiente, la custodia è tutto sommato facile da riporre nello zaino, poiché misura esternamente solo 152x84x30 mm e non è pesantissima, perché vuota arriva solo a 180 gr.

    Ho visto che ne esistono in commercio diverse tipologie e quindi esiste solo l’imbarazzo della scelta. Anche il prezzo, considerando l’utile servizio che svolge, non è esagerato. Si trova facilmente in vendita sui siti di e-commerce più noti.

  • Obiettivo AF-S NIKKOR 500mm f / 5.6E PF ED VR

    Obiettivo AF-S NIKKOR 500mm f / 5.6E PF ED VR

    Il Nikkor AF-S 500mm f/5.6E PF ED VR (da ora in poi, per brevità, scriverò 500PF) è uscito sul mercato verso la fine del 2018. Io possedevo lo zoom Nikkor 200-500mm f/5.6E ma, resomi conto che praticamente lo usavo sempre “inchiodato” a 500mm ed essendo invogliato dalle caratteristiche del nuovo nato, l’ho venduto ed ho acquistato il 500PF. Lo sto adoperando da un po’, sia con la DSLR D850 che con la mirrorless Z7 e credo di poter scrivere alcune considerazioni sulla mia esperienza, ricordandovi che non sono un tecnico e le mie sono opinioni assolutamente personali e derivanti dall’uso sul campo e non, assolutamente, da test scientifici, per i quali ci sono siti ultra-specializzati.

    Qualità costruttiva

    L’obiettivo è prodotto in Cina, a differenza della maggior parte degli altri obiettivi professionali Nikon, che sono realizzati in Giappone. In passato un esperto poteva immediatamente distinguere un obiettivo costruito in Giappone da un obiettivo costruito in Cina valutando la qualità costruttiva, ma direi che in questo caso avrebbe qualche tentennamento, perché la qualità e la finitura della costruzione sono assolutamente buoni. I materiali della struttura esterna sono “rassicuranti”. L’anello di messa a fuoco gira molto fluidamente così come il collare del treppiede. Gli interruttori a leva sono robusti e precisi. Inoltre, come dichiarato da Nikon, l’obiettivo è resistente alle intemperie e la lente anteriore è trattata al fluoro, per respingere le gocce d’acqua. Anche il paraluce in dotazione è valido e, cosa importantissima, con un blocco di aggancio che ne impedisce il distacco accidentale ed è sicuramente molto meglio del paraluce presente sull’obiettivo zoom Nikkor 200-500mm f/5.6E che, in alcune occasioni, si è staccato dal corpo dell’obiettivo, obbligandomi a difficoltosi recuperi in posti non proprio agevoli. Quindi direi sinteticamente buoni voti sulla qualità della costruzione.

    Lunghezza e peso

    Non è possibile confrontare il 500PF con altri teleobiettivi da 500 mm, non ha molto senso, per il semplice motivo che l’obiettivo è quasi 1500 gr. più leggero del Nikkor 500mm f/4E, per esempio, e non renderei giustizia a nessuno dei due. Quindi ritengo sia più corretto confrontarlo con il Nikkor 70-200mm f/2.8 G. Il peso del 500PF (con copriobiettivo, con piede del treppiede e con paraluce montato) è 1600 gr. circa e anche il peso del 70-200mm f/2.8 G è 1600 gr. circa; devo aggiungere altro? E per quanto concerne la lunghezza? Nuovamente l’unico paragone ragionevole è con il 70-200 f/2.8 G e quindi: il 500PF arriva a 24 cm. circa e il 70-200 f/2.8 G arriva a 21 cm. circa, entrambi misurati senza il paraluce in posizione. Quindi il 500PF è solo di circa 3 cm. più lungo del 70-200 f/2.8. Da ciò di deduce che questo obiettivo è – se confrontato con altri obiettivi prime 500mm – assolutamente piccolo.

     

    Caratteristiche fisiche

    Mi viene da dire equilibrio. Trovo che il 500PF sia ben bilanciato sulle DSLR di fascia alta di Nikon, è come avere un 70-200 montato sulla fotocamera. Con una fotocamera più leggera come la mirrorless Z7, si avverte un leggero sbilanciamento frontale ma non tanto da costituire un problema, anche perché non bisogna scordare che quando si usa il 500PF con la Z7 è necessario montare l’adattatore di baionetta FTZ nel mezzo, che aggiunge circa altri 3 cm alla lunghezza totale della configurazione.

    Ergonomia e controlli

    L’ergonomia e le posizioni dei pulsanti sono simili a quelle della maggior parte dei teleobiettivi Nikon. Questo obiettivo viene fornito con un set di 4 pulsanti di attivazione AF e, almeno per me, sono posizionati esattamente dove la mia mano si appoggia istintivamente quando si tiene in mano l’obiettivo. Questi pulsanti possono essere utilizzati per mettere a fuoco, bloccare la messa a fuoco o per “richiamare la memoria” di un punto pre-focalizzato e precedentemente memorizzato utilizzando un altro pulsante sull’obiettivo, il Pulsante Imposta Memoria. Naturalmente, se si dispone di un corpo macchina che supporta la funzionalità, è possibile utilizzare il pulsante di attivazione AF per passare immediatamente a una diversa modalità Area AF. E qualcosa che ho appena imparato giocando con il 500PF sulla Nikon Z7: se si utilizza la funzione “richiamo memoria”, quando si preme l’attivazione AF il pulsante non solo mette a fuoco l’obiettivo sulla posizione memorizzata in precedenza, ma utilizza automaticamente il focus peaking per mostrare ciò che effettivamente è a fuoco.

     

    Prestazioni VR e “impugnabilità”

    Tenere in mano il 500PF è incredibilmente più facile che tenere in mano uno degli altri obiettivi da 500 mm (ma anche focali più corte) che abbia mai provato. Se ti trovi in ​​una situazione in cui sei costretto ad usare l’obiettivo a mano libera, le dimensioni contenute e il peso ridotto di questa lente gli conferiscono un enorme vantaggio rispetto ai “tradizionali” 500mm. A tale proposito, ho avuto proprio recentemente l’esperienza di una sessione fotografica di oltre quattro ore in Val Roseg (ne ho scritto qui: I tesori della Val Roseg); ebbene: ho di fatto rinunciato all’utilizzo del treppiede per essere più reattivo agli spostamenti veloci dei soggetti ed ho scattato a mano libera per tutto il tempo senza interruzioni e riposandomi solo saltuariamente ed alla fine della sessione avevo solo un poco di indolenzimento delle braccia, dovuto più alla posture innaturali e alle condizioni climatiche proibitive che al peso dell’insieme obiettivo/fotocamera (sia D850 che Z7 alternate nell’accoppiamento con il 500PF). Per quanto riguarda il sistema VR di riduzione delle vibrazioni, Nikon dichiara un vantaggio di 4 stop quando si utilizza in modalità VR normale e personalmente non ho motivo di dubitare di questa affermazione, visto il sistema VR sembra molto efficace.

    Prime impressioni

    Viviamo in un’epoca di affermazioni esagerate – a volte persino palesemente false – legate al marketing. I prodotti con un aumento del 10% delle prestazioni sono etichettati come “rivoluzionari”. Non voglio assolutamente contribuire a tutto questo e avanzare affermazioni su ciò che questo obiettivo potrà rappresentare per altri fotografi. Quindi dirò tre cose riassumendo la mia prima impressione generale del 500PF: a) Urca! b)  Questo obiettivo ha già superato le mie aspettative. Per essere onesti, non erano alte: sapevo che l’obiettivo sarebbe stato piccolo, facile da trasportare e “conveniente” da usare. E mi aspettavo che sarebbe stato sufficientemente valido dal punto di vista ottico. Quindi immaginavo che il suo principale punto di forza sarebbe la sua dimensione relativamente ridotta e già solo per questo motivo sarei stato disposto ad accettare un leggero “degrado” della qualità dell’immagine rispetto ai “migliori” super-tele di Nikon. Ma sono stato completamente sorpeso da quanto sia valido questo obiettivo sia nelle prestazioni ottiche che in quelle di autofocus. È proprio lì “in zona” con i migliori super teleobiettivi Nikon, al netto, ovviamente, dell’apertura minima f/5.6. c) Non dico che questo obiettivo sarà un prodotto rivoluzionario per chiunque altro, ma lo è per me. Il mio uso di un obiettivo “impegnativo” da 500 mm non sarà più limitato alle aree in cui può essere facilmente trasportato, o facilmente impostato e utilizzato. Questa lente mi seguirà spesso nei luoghi che frequento per le foto naturalistiche ed in ogni occasione in cui sarebbe stato possibile portare il 70-200mm f/2.8, offrendomi la possibilità di scattare fotografie che, diversamente, non avrei potuto ottenere.