E’ una passione recente quella della caccia fotografica, una curiosità che sto cominciando a togliermi e che mi permette di cambiare prospettiva di scatto: paesaggi ogni tanto in pausa, macro momentaneamente in sospeso e vai di tele. Mi sono anche attrezzato un pochino alla bisogna: una macchina DX (APS-C su Canon), la Nikon D500 con sensore che è circa 2/3 di un sensore full frame ovvero della pellicola 35mm, per evitare l’uso del moltiplicatore di focale e un obiettivo tele, il 200-500mm Nikkor che, manco a dirlo, uso sempre “inchiodato” a 500 mm.
La materia prima? Non posso permettermi leoni, elefanti o zebre e ho ripiegato – per modo di dire, sto scherzando – sulla avifauna; nella zona in cui vivo, grazie alla prossimità dei fiumi Po, Oglio e Mincio nonché alla presenza di numerosi specchi e corsi d’acqua artificiali le occasioni non mancano; sempre in zona, poi, c’è una splendida oasi naturale della LIPU, quella di Torrile-Trecasali, ben tenuta, con comodi capanni di appostamento e una varietà incredibile di specie.
Però non sempre mi è possibile spostarmi ed ho quindi pensato di seguire l’esempio di altri cacciatori fotografici che il set se lo sono costruiti in casa o, meglio, in giardino. Mi sono letto un po’ di esperienze altrui, ho fatto un po’ di valutazioni sullo spazio di cui dispongo ed ho costruito un posatoio nella parte più tranquilla del mio piccolo giardino. Oddio, non è stata un’opera titanica: un paio di pali di pino conficcati il più profondamente possibile nel terreno, due rami mendicati al mio vicino che aveva appena potato una pianta e fissati trasversalmente, una casetta di legno non trattato (acquistata on-line) con serbatoio per il cibo, due trespoli e un tetto amovibile per proteggere il cibo stesso dalla pioggia e rifornire la dispensa quando necessario. Ho piazzato il tutto un mese fa, prima che iniziasse la stagione fredda, in modo da far gradualmente abituare gli uccellini che frequentano il giardino al nuovo “intruso”. Ho acquistato in un negozio di animali una confezione di semi misti, per attirare gli uccellini granivori, e una di insetti essiccati per gli insettivori come il pettirosso. Ho preso mangime di qualità, non di dubbia provenienza, per ovvi motivi. A proposito: se volete usare le briciole del pane, ogni tanto, fate attenzione a sminuzzarle finemente, perché se sono troppo voluminose potrebbero soffocare il pennuto che se ne ciba o, ancora meglio, non usatele del tutto: non sono nutrienti per gli uccellini e danno loro un falso senso di sazietà che mal si addice al bisogno calorico necessario a combattere i rigori della stagione invernale. Inoltre: affidatevi al mangime solo nella brutta stagione, durante la quale i volatili fanno una fatica tremenda a reperire ciò di cui si nutrono e, a causa della temperatura fredda, perdono moltissime calorie in breve tempo. E non scordate mai di rifornire le mangiatoie: per noi si tratta di una semplice dimenticanza; per gli uccellini, ormai abituati a trovare il cibo in prossimità posatoio, può trattarsi di morte certa.
In primavera, indicativamente tra marzo ed aprile, è necessario sospendere i rifornimenti alimentari, perché in natura torna disponibile il cibo abituale e i neonati devono abituarsi a reperirlo in autonomia, senza trovare la pappa pronta. Insomma: per noi è un divertimento ed un piacere, per i nostri amici pennuti può trattarsi di vita o di morte. Quindi estrema attenzione. Vi ricordo anche di provvedere alla sicurezza del luogo di ristoro: i gatti vengono sicuramente attratti dal movimento e qualcosa che impedisca a loro di salire sui pali di sostegno sarebbe utile: ho letto in rete che basta applicare dei coni rovesciati di plastica o metallo che pare siano efficaci anche per i topolini golosi.
I risultati? Cominciano pian piano ad arrivare: qualche oretta di appostamento e ho già avuto il privilegio di vedere attraverso l’obiettivo un pettirosso ed una cinciallegra; c’è qualcosa d’altro che comincia a gironzolare ma è ancora talmente diffidente che fotografarlo mi è stato impossibile.
La soddisfazione? Tantissima.
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